LA GRANDE BELLEZZA: IL MONDO MONDANO

Genere: Drammatico/Commedia
Attori: Toni Servillo , Carlo Verdone , Sabrina Ferilli, Isabella Ferrari, Carlo Buccirosso
Regista: Paolo Sorrentino
Musiche: Lele Marchitelli
Anno: 2013
Durata: 142 min
Voto: *** ½

Toni Servillo

Toni Servillo

Jep Gambardella, un affermato scrittore e giornalista, vive la sua vita a Roma tra salotti, lusso e feste. E’ il Virgilio di un mondo mondano che si affaccia alla maestosità e bellezza della città. Il film è il ritratto, dipinto sulla città di Roma, dell’alta borghesia italiana. Un’immagine della moderna mondanità e della storia di quegli “uomini miserabili” che ne fanno parte.  Sorrentino, regista e sceneggiatore del film, non può negare lo stretto legame che la sua opera ha con “La Dolce Vita” di Fellini. Esiste un parallelismo tra i due protagonisti: Jep Gambardella (Toni Servillo ne “La Grande Bellezza”) e Marcello Rubini (Marcello Mastroianni ne “La Dolce Vita”) hanno indubbiamente caratteri e caratteristiche comuni ( i due sono giornalisti e vivono a Roma tra festini e cene). Inoltre, un occhio più attento noterà dei chiari riferimenti al capolavoro Felliniano, il logo Martini, il tema della pittura, il giornalismo. La vita del sessantacinquenne Jep Gambardella è il nucleo del film, dove personaggi e paesaggi, gli ruotano attorno. Jep vive di mondanità, scambia il giorno con la notte, la sua “dolce vita” non la baratterebbe con niente al mondo ma nonostante tutto la vive con “amarezza”. È in un certo senso, l’antagonista di se stesso. In testa gli mulinano domande ed incertezze, è un uomo che in realtà ha perso la “bussola della vita” e nonostante la consapevolezza dello squallido ed immorale mondo in cui vive sa, nel suo profondo, che non potrebbe farne a meno.  Risulterà un ambiente circoscritto, chiuso, da cui è difficile evadere e scrollarsi di dosso un tormento scaturito da quello stile di vita frivolo, di chi frequenta il bel mondo. Risulterà anche un ambiente vuoto e freddo dove è impossibile trovare un senso alle cose. Il lungometraggio rappresenta una lunga galleria tematica, è un film multi concettuale, è la ricerca del discernimento umano. È una visione psichedelica, quasi fantastica di Roma. Il regista ha sguinzagliato la sua immaginazione dandoci un realismo nel surrealismo. E’ un continuo susseguirsi di sacro e profano, di dramma e commedia, di stravaganza e normalità. Un film complesso dunque, che va seguito e compreso fotogramma per fotogramma, dove anche le sole immagini prive di dialoghi hanno una tale potenza che “parlano da sole”. Uno dei tanti messaggi che il film trasmette è quello del successo nel panorama italiano; la fama ed il successo vengono raggiunti, molto spesso, da chi non ha le giuste qualità, da chi non se lo meriterebbe. 527943_image_jpg0d5b1c4c7f720f698946c7f6ab08f687Chi invece ha doti viene illogicamente espulso dalla nostra società. Il personaggio di Verdone (Romano) è proprio questo: uno scrittore fallito amico fidato di Jep, amante della scrittura. È uno dei pochi personaggi autentici, meno cinici, a volte ironico che tenta di indossare i panni del mondano. Cerca disperatamente, in quel mondo, la sua strada ed un aiuto per sfondare. Si accorgerà che quel mondo pieno di eccessi e stravaganze, che vive di anticultura non è ciò che cercava. In verità è il cancro della società che va contro i suoi principi, farà un passo indietro. Il personaggio di Verdone è lo “stereotipo della sconfitta”. In Italia l’eccellenza e la passione sono paradossalmente le caratteristiche di un perdente. L’interpretazione e l’esperienza dell’attore romano sono state fondamentali, un Carlo Verdone in stato di grazia. Un cast italiano eccezionale, alte doti recitative, un prodigioso e toccante Toni Servillo, una recitazione che sta sul confine tra cinema e teatro. Il film è anche una diretta critica al mondo religioso, al Vaticano, che oggi non ha le risposte e le soluzioni dei problemi, ma solo la presunzione di averle e vive tra ricchezze e frivolezze. Da un lato c’è questo, con il personaggio del cardinale, dall’altro lato c’è quello della chiesa come dovrebbe essere, con la figura della suora con le sue virtù: umiltà, povertà e sacrificio. C’è inoltre una chiara critica al giornalismo italiano, l’informazione la si dà solo all’occorrenza e c’è una meditazione sul vuoto e sulla solitudine di una classe sociale.  È anche la storia di un’Italia priva di ideali, dove i monumenti romani sono come ombre del passato a rappresentanza degli ideali che furono.  Regia impeccabile, l’unica nota negativa è sulla sceneggiatura poco snella e risulta, a volte, affaticata dalle innumerevoli tematiche e citazioni letterarie. Si parla comunque di un ottimo film con una scenografia mozzafiato.  Colonna sonora appropriata ed emozionante, si sposa molto bene con le bellezze architettoniche romane e con le passeggiate all’alba lungo il Tevere. Il film è la ricerca folle della bellezza nel volgare e nel grottesco; la grande bellezza apparente, quella surreale, immaginaria è quella dell’uomo mondano, la grande bellezza, quella reale, quella concreta è Roma e i suoi mastodontici monumenti.

di MIchele De Lorenzo

Marco Marangio

giornalista pubblicista, dottore in Lettere Moderne, amministratore del blog Prima Pagina, autore di "Percorsi" (Albatros Il Filo, 2010) e di "Matteo Renzi - La parola sono io (Effigi editore, 2018)

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