L’UOMO D’ACCIAIO: CHE FINE HA FATTO CLARK KENT?

 

Genere: Fantastico/Azione
Attori: Henry Cavill, Russel Crowe, Kevin Costner, Amy Adams, Diane Lane, Michael Shannon, Laurence Fishburne
Regista: Zack Snyder
Musiche: Hans Zimmer
Anno: 2013
Durata: 143 min
Voto: **

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Krypton, un lontano pianeta, spolpato fino all’ultima risorsa energetica, è ai suoi ultimi giorni di vita. Jor-El (Russel Crowe) andando contro gli ordini del rivoluzionario generale Zod (Michael Shannon), prima della fine, decide di salvare suo figlio neonato, spedendolo, con un’astronave, sulla terra. Clark Kent (Henry Cavill), una volta adulto, scoprirà i suoi poteri e il suo passato e affronterà Zod, intenzionato a ricreare sulla Terra, Krypton.
Zack Snyder torna alla regia portando sul grande schermo, dopo infinite malriuscite trasposizioni, il fumetto di Superman. Il film nasce dal soggetto di Cristopher Nolan (produttore del film e regista della recente trilogia di Batman), sviluppato poi dallo sceneggiatore David S. Goyer de “Il Cavaliere Oscuro” insieme allo stesso regista.
La prima parte del film è gradevole, si nota subito la penna nolaniana: si scava nel passato del supereroe e di Krypton, il suo pianeta natale. C’è una penetrante analisi politico-sociale-ambientale del pianeta, volta a riflettersi furbescamente sulla nostra Terra.
E’ la critica sull’uomo razionale e su come possa, con le sue stesse mani, portarsi e portare alla rovina. Meditazione sul rapporto tra l’uomo moderno e la natura: saremo artefici noi stessi dell’Armageddon, è questo il limpido messaggio. Una società, quella kryptoniana, creata con l’ inseminazione artificiale dove ogni individuo nasce già con particolari caratteristiche e con una precisa mansione. Un mondo tutto progettato, dalle veloci astronavi alle cellule umane.
Questa diffusa razionalità porta inevitabilmente all’amoralità e l’unico modo per far rinascere un mondo ormai sconquassato è il collasso, questa la risposta del pianeta (della natura). Come la fenice, rinascerà dalle sue ceneri. La morte dunque come rinascita con l’implosione del pianeta e la salvezza di Kal-El. Purtroppo il bello del film termina qui, temi come l’alienazione, il libero arbitrio non vengono ben sviluppati.
Scene d’azione a non finire e un Superman che si ritrova ad indossare la famosa “S” sul petto senza quasi rendersene conto.
Del tutto assente il dualismo Kent/Superman, il protagonista manca di complessità.
Il non sussistere dei principi fondamentali e contrapposti in Clark Kent e Superman non conferisce al personaggio “sex appeal”, la mancata doppia verità abbassa la “filosofia” del lungometraggio.
Ciò che passerebbe per un’idea originale è in realtà un’idea banale, Snyder punta alla semplicità, il film è solo la storia di un alieno che arriva sulla terra, non si spinge oltre. New-Man-of-Steel-Poster
I film di Raimi, Burton e Nolan puntarono non a caso a quest’aspetto, cucendo addosso ai personaggi temi non fumettistici, moderni e attuali. Raimi volle sottolineare, sfruttando Peter Parker, le difficoltà, la sessualità e le insicurezze adolescenziali. Burton riflettè con Bruce Wayne, sulle maschere che indossiamo, elargendogli quella filosofia pirandelliana ed inoltre rese il fumetto quasi un noir. Nolan si concentrò da un lato sui limiti dell’eroe, rendendo l’invincibilità vincibile, l’eroe fantastico, uomo mortale. Dall’altro sulla crescita del personaggio, un lungo cammino sulla ricerca di moralità e virtù.
Inoltre si esaltava il nemico, donandogli quella psicologia contorta e affascinante, sopra le righe che rubava la scena al protagonista.
In questo Superman niente di tutto questo, a favore del dispendio di effetti speciali e di virtuosismi registici da nausea. E’ un eroe senza macchia e senza paura, quasi un Dio, non c’è un’originale personalizzazione del personaggio. Il regista non si arrovella il cervello più di tanto e si prova, vedendo il film, nostalgia verso quelle sceneggiature, che in passato, entravano e scuotevano la psiche dualistica del personaggio, mettevano in discussione l’eroe e indagavano sul senso dell’essere.
L’alter ego del supereroe è una sorta di cunicolo che collega il mondo fantastico al mondo reale, un ponte costruito su solide tematiche e sulla genialità direttiva, che riesce ad avvicinare lo spettatore al personaggio. Indispensabile per le riflessioni del regista, si sottrae potenzialità alla sceneggiatura.
La tecnica di ripresa è pessima, odiosi aggiustamenti di macchina, da capogiro e un montaggio dilettantesco che esalta solo le scene d’azione. Regia infantile e tonitruante, deleteria per gli attori.
Bel cast, un buon Russel Crowe e un discreto Kevin Costner, non molto convincente Henry Cavill.
Mediocri effetti speciali, originali i costumi e molto bella la colonna sonora di Zimmer.
Un blockbuster hollywodiano, senza dunque le pretese di un film d’autore; un inutile e costoso spettacolo da baraccone, più un film catastrofico dove Metropolis ha un degno trattamento alla Roland Emmerich, ci manca solo Godzilla.

di Michele De Lorenzo

Marco Marangio

giornalista pubblicista, dottore in Lettere Moderne, amministratore del blog Prima Pagina, autore di "Percorsi" (Albatros Il Filo, 2010) e di "Matteo Renzi - La parola sono io (Effigi editore, 2018)

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