Pd, l’inciucio colpisce ancora

Il Pd manifesta in piazza contro il decreto
salva-liste, riesce a farlo cadere in Parlamento, ma poi fa marcia
indietro. E vota una legge che lo ripesca con
Pdl e Lega.
L’opposizione che si oppone dura meno di 24 ore.


Siore e siori, sempre più difficile! Pur di non opporsi,
l’opposizione all’italiana chiamata
Pd s’è prodotta ieri in un
triplo salto mortale carpiato con avvitamento e scappellamento a destra,
un numero mai riuscito né provato prima d’ora. Ricordate il decreto
salva-liste che sanava
ex post le illegalità nella
presentazione delle liste
Pdl a Milano e Roma? Bene, era
illegale, incostituzionale e inutile. Illegale perché una legge del 1988
vieta i decreti in materia elettorale (onde evitare il rischio che si
voti con una regola e poi, se il decreto non viene convertito in legge,
quella regola decada dopo il voto e si debba tornare alle urne).
Incostituzionale perché sanava solo le irregolarità di alcune liste e
non di altre e perché cambiava le regole del gioco a partita iniziata.
Inutile perché modificava per via parlamentare una legge regionale.
Incuranti di questi dettagliucci, i presidenti del Consiglio e della
Repubblica lo firmarono a piè fermo. Il
Pd gridò allo scandalo
(ma solo per la firma di
Berlusconi: quella di Napolitano
era ottima e abbondante), annunciò la fine del "dialogo sulle riforme",
portò la gente in piazza del Popolo a protestare contro l’atto
eversivo.




Motivazione ufficiale, fremente di sdegno: "Se il governo indossa gli
anfibi e scende in piazza con attacchi violenti contro le istituzioni,
noi non restiamo certo in pantofole". Qualcuno, chiedendo scusa alle
signore, parlò financo di regime. Non contenti, due giorni fa i piddini
organizzarono un’imboscata per affossare il decreto alla Camera,
bocciandone la conversione in legge grazie alle consuete assenze nella
maggioranza e alle inconsuete presenze nell’opposizione. Un miracolo mai
accaduto prima: l’opposizione più stracciacula della storia
dell’umanità riesce a mandar sotto il governo, senza sopperire con le
proprie assenze – come invece era accaduto sulla mozione anti-Cosentino e
sullo scudo fiscale – a quelle endemiche del centrodestra. Ma niente
paura: l’illusione di un’opposizione che si oppone è durata l’
espace
d’un matin
.




Ieri il Pd, sgomento per l’inatteso e involontario successo,
s’è subito pentito. Ha riposto gli anfibi, ha recuperato le pantofole di
peluche ed è tornato al suo passatempo preferito: l’inciucio. Tenetevi
forte, perché la notizia è grandiosa: onde evitare di invalidare le
elezioni regionali appena tenute in base al decreto ormai defunto, la
maggioranza più comica della storia ha presentato in fretta e furia una
leggina per salvare gli effetti del decreto medesimo, ribattezzata dai
magliari di Palazzo Chigi "legge salva-effetti", e sbrogliare il gran
casino creato dal
Banana con la partecipazione
straordinaria di Napolitano.




Così il decreto, cacciato dalla porta, è rientrato dalla finestra in
meno di 24 ore. A quel punto qualunque persona sana di mente avrebbe
mantenuto le posizioni di partenza: la maggioranza pro-decreto avrebbe
detto sì alla salva-effetti, l’opposizione anti-decreto avrebbe detto
no. E infatti l’
Idv ha detto no e perfino l’Api di
Rutelli s’è astenuta. Indovinate come ha votato il
Pd? A favore
(a parte
Furio Colombo e poche altre persone serie), a
braccetto col
Pdl e la Lega. Ne saranno felici le migliaia di
persone che si erano fatte convincere a calzare gli anfibi e a scendere
in piazza del Popolo contro "l’attacco violento alle istituzioni".




Era tutto uno scherzo. Il
Pd era contro il decreto, ma non
contro i suoi effetti. Tant’è che ieri ha contribuito a ripescarli. Un
voto del tutto inutile, vista la maggioranza bulgara Pdl-Lega, ma
comunque indicativo dell’amorevole trepidazione con cui i diversamente
concordi del
Pd seguono le porcate del Banana. Lui li insulta e
loro lo salvano anche se lui non vuole. Per questo sbaglia il
capogruppo dell’
Idv Massimo Donadi quando
afferma che non si tratta comunque di inciucio "perché il Pd non ha
avuto nulla in cambio". Gli inciuci dei centrosinistri col Banana sono
sempre a senso unico: lui ci guadagna, quelli ci perdono. E’ un
do
ut des
senza des. Ma quelli continuano. Si divertono così.

Marco Travaglio,
fonte "Il Fatto Quotidiano"

Marco Marangio

giornalista pubblicista, dottore in Lettere Moderne, amministratore del blog Prima Pagina, autore di "Percorsi" (Albatros Il Filo, 2010) e di "Matteo Renzi - La parola sono io (Effigi editore, 2018)

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