Che la sinistra (o presunta tale) sia in declino è cosa ormai nota. Stando agli ultimi sondaggi, il «Partito Di Renzi» (al secolo Partito Democratico) raggiunge appena il 22%, mentre «Liberi e uguali» (nato dalle defezioni piddine) tocca a mala pena il 6 percento. A livello nazionale, quel che nominalmente resta della sinistra è imploso in frammenti sparsi. A livello locale, in particolare in Puglia, la situazione è più triste di quel che si pensi. La ragione è da ricercarsi in un po’ di cronologie elettorali.
Fin quando il leader Max D’Alema era tra le fila del PD, sul territorio pugliese era solito lanciare moniti e dare sagge (si fa per dire) indicazioni di voto.
Alcuni esempi. Correva l’anno 2005. Alle primarie del partito, D’Alema cercava di indicare il favoreggiamento allo sfigato Boccia. Di tutta risposta, gli elettori e tesserati votarono Vendola con un 51% di preferenze.
Analoga situazione nel 2010: D’Alema indicava nuovamente Boccia e l’elettorato, per la seconda volta, preferirono ancora Vendola per il 71%. La sconfitta del buon Max si ebbe addirittura nel suo quartier generale: Gallipoli, in cui l’ottanta percento dei tesserati preferì l’allora leader di SEL.
Ecco, finora a sinistra (in particolare pugliese) è andata sempre così: ascoltare le direzioni dalemiane, per poi eseguire l’esatto opposto.
E adesso?
Dopo la scissione PD/LeU la «non gestione» dei rispettivi partiti è fuori controllo. O meglio, a tratti anche narcotizzata.
Restando sempre nel territorio pugliese, il PD ha sguinzagliato Elisa Mariano (chi?) affiancata dal sempreverde Dario Stefàno (per il quale è doveroso dosare il giusto accento, pena la deflagrazione della grammatica/sintassi/semantica/linguistica italiane). In particolare, Stefàno è noto per la camaleontica capacità mimetica nel passare da un partito all’altro. Egli è difatti passato: fra la rutelliana “La margherita”, le vendoliane liste civiche “La Puglia per Vendola”/”La Puglia in più”/”Sinistra ecologia e libertà”, poi in “Noi a sinistra per la Puglia”, “La Puglia in più-SEL” ed infine in “Movimento per la Puglia in più” con cui entrerà nella maggioranza di Governo avendo votato la fiducia a Paolo Gentiloni. Una qualità curriculare che, di certo, non passa inosservata alle compagini renziane.
Dall’altro c’è ancora lui, il buon Max D’Alema che non avendo più la possibilità di lanciare moniti né consigli sulle preferenze (aiutato in tal senso dal benemerito Rosatellum) predilige la quasi invisibilità gentilmente concessagli da LeU e da un elettorato più lungimirante di lui che s’è ormai allontanato da una politica così inefficace e blanda.
Pertanto, se la sinistra (o presunta tale) nazionale è agonizzante ed è ormai destinata all’estinzione più prossima, quella locale pugliese è, su ciò, largamente in anticipo.
Certo, v’è poi da osservare in ultimo un piccolo dettaglio: entrambe le fazioni (sotto mentite spoglie) sinistroidi ben sanno che senza il magnate Renzi non percorrerebbero molta strada. Per uno (il PDr) perché gli è padre fondatore nonché mentore e messia; per l’altro (LeU) perché l’esito elettorale è abbastanza chiaro ed una mano può essere sempre tesa per un pronto ritorno «nella casa del padre». Le ultime dichiarazioni di Pietro Grasso, d’altronde, parlano chiaramente: Renzusconi è appena dietro l’angolo.