Referendum costituzionale: il falso mito dei risparmi sul Senato

Di fantacazzole, i “militonti” del PD (quindi i sostenitori del SI), ne hanno elargite a profusione negli ultimi mesi. I sostenitori della (schi)forma Boschi – Verdini (gli stessi che non condannano De Luca, ma anzi agognano alla promessa frittura) hanno come punta di diamante argomentativa il demagogico, quindi presunto, risparmio sulle indennità dei senatori considerato il fatto che quest’ultimi verranno dimezzati da 315 a 100.
Partiamo dai dati: le indennità degli attuali senatori sono pari a 42 milioni 135 mila euro lordi (poiché ogni senatore su questi paga l’Irpef, versando allo Stato 14 milioni complessivi).
Con il nuovo senato renziano, i senatori avranno già lo stipendio prendendolo dalle Regioni o dai Comuni. Pertanto, si avrà un risparmio netto di 42 milioni (sempre in riferimento alla indennità non più percepite) meno i 14 milioni versati all’Irpef. Con un piccolo calcolo elementare, è presto detto: 42 – 14= 28.
Ad oggi, il Senato spetta comunque di spendere altri 37milioni 266mila euro per le spese dei membri, che sono così suddivisi:

– diaria (13milioni600mila euro)
– rimborsi spese generali (6milioni400mila euro)
– dotazione strumenti informatici (600mila)
– spese esercizio di mandato (16milioni150mila euro)
– spese per ragioni di servizio (516mila euro)

Tali 37milioni, in futuro, diminuiranno sino a 12. Il risparmio lordo è di 25, al netto solo 20 milioni.
Totale risparmio: 28+20=48.
Tale somma equivale al misero 8.8% del bilancio del Senato, stessa percentuale che si sarebbe raggiunta se gli attuali deputati e senatori avessero decurtato lo stipendio del 10%.
La (schi)forma renziana non sottolinea questo aspetto, né tanto meno il fatto che:

i senatori del futuro avranno già il loro stipendio, vista la qualità di consiglieri regionali o sindaci;

proprio perché faranno il dopolavoro a Roma in Senato, consiglieri e sindaci avranno diritto a rimborsi per le trasferte, per i porta borse, per i collaboratori, per i consulenti degli uffici legislativi e quant’altro.

Se Renzi avesse voluto, realmente, diminuire le spese politiche avrebbe potuto eliminare del tutto il Senato, oppure far dimezzare lo stipendio di deputati e senatori. Proprio come insegnano gli esponenti pentastellati.
Per concludere: 40 milioni è quanto ci costano un F-35 (eh già, gli utili, irrinunciabili, efficientissimi aereoplanini che mamma America ci ha imposto di acquistare) ed il blasonato “Air Force Renzi” (altro gingillo acquistato per far vedere al mondo che anche lui, in fondo, ce l’ha).

Marco Marangio

giornalista pubblicista, dottore in Lettere Moderne, amministratore del blog Prima Pagina, autore di "Percorsi" (Albatros Il Filo, 2010) e di "Matteo Renzi - La parola sono io (Effigi editore, 2018)

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