SAN PIETRO V/ La città messapica “Valesio” rivive ai giorni nostri.

La storia: spinta e ricerca di un dialogo del passato, a volte, riesce ad abbattere
le barriere del tempo. In questo modo, il presente abbraccia il passato,
donando a noi uomini una sincera narrazione reale degli eventi. Ciò è quanto
accaduto negli anni ’60 a San Pietro
Vernotico
, quando l’avv. Gabriele
Marzano
scoprì l’acropoli della città autonoma del VI-I sec. a.C.“Valesio”, federata con le poleis messapiche, sparse in tutto il
territorio salentino. Il sito, pertanto, è stato oggetto negli anni ’80 di uno
scavo totale
da
parte dell’équipe del Prof. Boersma
del Dipartimento di Archeologia Classica della Libera Università di Amsterdam.
A più di vent’anni di distanza, Valesio offre ancora molto da scoprire e
documentare. Il progetto è attualmente finanziato dal POR Puglia (Programma
Operativo Regionale )
, in riferimento al PIS "Itinerario
Turistico-Culturale Normanno Svevo Angioino"
; la progettazione,
curata dal comune di Torchiarolo, segue
la direzione tecnica degli architetti Cosimo
Contaldo
e Luigi Dell’Atti di San Pietro Vernotico; gli archeologi,
parte viva ed attiva del posto, invece, fanno parte della società di consulenza
di servizi per i Beni Culturali Meridies
S.c.r.l.
di San Donato, la cui direzione è del dott. Alessandro Quarta. I loro nomi:
Alessandro Monastero, Donatella D’Aluisio
ed il dott. Antonio Quarta. Il tutto è appoggiato dal MIBAC Ministero per i Beni e le
Attività Culturali,
sotto la direzione generale di Bari.

Il
dott. Alessandro Monastero ha illustrato minuziosamente la parte storica del
sito spiegandone anche l’importanza strutturale: “L’importanza di Valesio risiede nella sua continuità di frequentazione.
Infatti abbraccia il periodo che va dall’età del ferro sino al periodo basso medievale
ma in particolar modo l’età tardo romana con il complesso termale. L’equipe
olandese ha iniziato i lavori dal 1984 sino al 91, la cui principale attività è
stata una ricognizione intensiva in superficie di tutta l’area di Valesio, sia
all’interno che all’esterno delle mura cercando di definire attraverso la
cronologia dei materiali la cronologia dell’insediamento stesso”.


I
Messapi, abitanti dell’insediamento, erano una popolazione autoctona di origine
illirica che, a causa della posizione logistica da loro occupata, ossia aperta
al commercio del Mediterraneo, aveva assunto linguaggi ellenizzati. Forte
presenza nel sito, inoltre, non solo la cinta muraria che si estende per un
perimetro di ca. 3 km, ma soprattutto la zona termale e le vie di
collegamento.  Gli
olandesi
”, continua l’archeologo, “hanno
scavato l’edificio termale tardo romano che comprende sia gli ambienti
ricettivi che gli ambienti di servizio comprensivo di tre stanze in cui
ristorare gli ospiti con acqua calda (calidarium), tiepida (tepidarium) e
fredda (frigidarium)”. Altro elemento portante sono le stalle per il cambio di
cavalli, che afferma il ruolo di statio che Valesio ebbe nel periodo romano
lungo il tragitto della via Appia-Traiana, nel suo ultimo tratto che collega
Brindisi e Lecce (anch’esse città messapiche)”.

Al
periodo medievale appartengono anche diversi piccoli sepolcri, scoperti
anch’essi dall’equipe olandese e che “nonostante
le razzie dei  tombaroli del luogo”
afferma
il dott. Monastero” è stata scoperta una
tomba con sepoltura a cassa con una copertura sulla cui lastra è stata
rinvenuta un’iscrizione di origine illirica ma di carattere ellenistico, tipico
della civiltà messapica in genere”.

Il
lavoro degli attuali archeologi, quindi, continua e verte proprio nel portare
alla luce tali strutture. Lavoro, questo, che spesso deve far i conti con una
stratigrafia sì moderna, ma che poggia al contempo su basi dall’altissimo
valore storico. “Essere a contatto con
questo terreno vuol dire rinvenire cocci e pietrame: chiara testimonianza del
lato negativo dei lavori agricoli che distruggono la zona circostante, non
consentendo una facile reperibilità”
.

“Spesso
l’archeologo viene identificato come Indiana Jones”
, dichiara ironicamente il dott.
Monastero, “ma non è assolutamente così.
I lavori di oggi sono nettamente diversi da quelli svolti negli anni ’80. Oggi
si procede per vie scientifiche ed anche la semplice analisi di una zolla di
terra deriva dall’utilizzo di  una nuova
metodologia”. “Ci si alza la mattina”
, conclude l’archeologo “come si alza un normale operaio: ossia con
l’obiettivo di far bene il proprio lavoro. Studiare il passato, è come studiare
il recente per un architetto ”.

Alcuni
resti di Valesio sono visitabili presso il Museo archeologico provinciale:
corredi tombali, iscrizioni funerari e vasi apuli.  Nonostante la distanza temporale, il passato
rivive ogni giorno con lo studio e con la riscoperta di ciò che ieri i nostri antenati
ci hanno lasciato. Nostro compito è saper custodire questo patrimonio per poter
renderlo ai posteri.

 

Marco Marangio

fonte "L’Ora del Salento" del 24 Ott 2009

Marco Marangio

giornalista pubblicista, dottore in Lettere Moderne, amministratore del blog Prima Pagina, autore di "Percorsi" (Albatros Il Filo, 2010) e di "Matteo Renzi - La parola sono io (Effigi editore, 2018)

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