Santoro spiazza tutti e rimette la penna in tasca

Il giornalista resta in Rai: “Nessun accordo, troppe fughe di
notizie”


Riavvolgere il nastro, tornare ai titoli di martedì scorso e correggere:
Santoro resta alla Rai, adesso
Annozero può (ri)cominciare. Michele
Santoro
ha spiazzato l’azienda e il pubblico, amministratori e
critici: “Non ha più senso immaginare cambiamenti nell’interesse della
Rai e dei telespettatori. Le continue fughe di notizie hanno violato
l’impegno di riservatezza indispensabile per un possibile accordo con la
Rai favorendo interpretazioni fantasiose lesive della mia immagine”.
Fine della trattativa. E un messaggino, nemmeno tanto in codice, al
collega
Gianluigi Paragone e al “totoscomesse” sui
milioni per la buonuscita e la collaborazione da esterno: “Trasmissioni
televisive della Rai (
Ultima parola, ndr) sono entrate –
aggiunge il conduttore – nel merito di una trattativa in corso d’opera
con un profilo denigratorio dei miei comportamenti di professionista.
Non era mai avvenuto in precedenza”. L’introduzione di venti minuti di

Annozero
conteneva una semplice e concisa domanda per la politica
che governa (o partecipa) al servizio pubblico: “Volete ancora la mia
trasmissione?”.





Santoro ha ricevuto risposte di vario tipo: dal “Mario Balotelli della
televisione” di
Pier Luigi Bersani al “cialtrone sarà
lui” di
Giovanna Melandri. “Nessuno è riuscito a
pronunciare una frase elementare – ironizza
Marco Travaglio
e così evitare di nascondersi dietro Michele: “Noi vogliamo Annozero”.
Indicava che c’erano poche differenze tra destra e sinistra”. E il
presidente
Paolo Garimberti, ieri mattina, riprendeva
il quesito dalla testa per servirlo al giornalista: “La firma dipende da
lui”. E Santoro ha deciso di ritirare la penna. L’azienda correva
spedita verso il consiglio di amministrazione (oggi a mezzogiorno) e
inviava un contratto capestro al conduttore: le solite clausole sui
contenuti, i costi delle produzioni anticipati dal conduttore,
l’immancabile spauracchio delle sanzioni
Agcom. Censura
preventiva già letta e vista.




La Rai ha giocato a mani piene: da una parte presentava il ricorso in
Cassazione contro il reintegro del giornalista, dall’altra indica
un’unica via di uscita. La famigerata “transazione”. Un inviato di
Annozero
con una metafora aveva condensato l’intero campionario di pressioni
sulla trasmissione: “Siamo in una prigione creativa”. E nei giorni dei
pronostici sui milioni di euro , c’era la sensazione che Santoro, alla
quarta stagione di un programma che stuzzicava l’indice share e irritava
la politica, sceglieva di lasciare la prigione per portare con sé la
creatività.




Il biennio da ex dipendente – tra serie televisive e documentari
recitati – sembrava peggio della prigione abbandonata: la Rai poteva
modificare il prodotto per “tutelare interessi terzi”, il giornalista
doveva rispettare norme disseminate come campo minato. Altro che
libertà. Tutto come prima: “Non volevano
Annozero? – dice
Travaglio – Ora sono costretti a farlo e la situazione si fa
divertente”. Nessun commento ufficiale di
Mauro Masi,
oltre il gesto istintivo di chiamare Santoro. Poi un comunicato –
etichetta s’apprende da ambiente – per incollare un filo in mille pezzi:
“Nell’accordo tra la Rai e Santoro, votato dal Cda
di Viale
Mazzini sostanzialmente all’unanimità, era prevista una clausola di
riservatezza e di gestione concordata della comunicazione cui il
direttore generale si è puntualmente attenuto e continuerà a farlo”.




Continuerà, verbi declinati al futuro. Nel frattempo, di sicuro, Masi
sarà ascoltato dalla commissione di Vigilanza per la gestione di Santoro
e le dimissioni della
Busi. Il governo immaginava un
addio di Santoro e una gabbia biennale. Un bingo. E così il viceministro
Paolo Romani rievoca una battuta dell’ex presidente Enzo
Siciliano
per trattenere la sua amarezza: “Michele chi?”.

Marco Marangio

giornalista pubblicista, dottore in Lettere Moderne, amministratore del blog Prima Pagina, autore di "Percorsi" (Albatros Il Filo, 2010) e di "Matteo Renzi - La parola sono io (Effigi editore, 2018)

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