Un pesce di nome Zanda

Zanda, detto Luigi, rappresenta l’ennesima conferma. La prima è che Marco Travaglio ci azzecca sempre (“Un pesce di nome Zanda” è un esilarante titolo di sua creazione, ricordando il quasi omonimo film); la seconda è che il Partito Democratico non ha proprio voglia di cambiare.
Le ultime primarie (o presunte tali) avrebbero dovuto essere di controtendenza, invece il neo segretario Zingaretti non tarda a far capire come non poteva esserci nulla di più continuativo. In primis, annuncia la ferma volontà di far procedere con i lavori del TAV (come se fossero mai iniziati), poi giunge la più grossa “balla spaziale” che ha le fattezze della nomina di Zanda a tesoriere del PD.
Quali sarebbero le novità presentate dal buon Zanda?
E’ presto detto:

  • aumento delle indennità dei parlamentari dai già parecchio cospicui 14mila euro a 19mila, raggiungendo le quote degli eurodeputati;
  • un bel tesoretto per i partiti di 90 milioni di euro, per colmare il vuoto lasciato dall’abolizione del finanziamento pubblico

Insomma, un bel cambio di rotta. Poco importa se il PD ha da poco affermato che prende le distanze dallo stesso Zanda, definendo la sua proposta come “personale”. E già: il neo segretario, fresco di nomina, sceglie la sua squadra non sapendo quali siano le loro proposte ed iniziative. Soprattutto quelle di una figura centrale ed importante come quella del tesoriere. Ovvio.

E’ inutile sforzarsi più di tanto. Il PD non cambia perché non vuole farlo. A rassicurare gli animi ci ha pensato la scorsa settimana Luca Lotti affermando che Matteo Renzi tornerà candidato per Palazzo Chigi. Ai tesserati e simpatizzanti “de sinistra” non resta che prendere le loro tessere, le loro finte primarie ed attaccarsi al tram.

Buona catastrofe!

Marco Marangio

giornalista pubblicista, dottore in Lettere Moderne, amministratore del blog Prima Pagina, autore di "Percorsi" (Albatros Il Filo, 2010) e di "Matteo Renzi - La parola sono io (Effigi editore, 2018)

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