Estate in Salento: quando l’abusivismo è selvaggio

Termina agosto, finisce l’estate, quindi anche la mini rubrica “cartelle da spiaggia” di Prima Pagina. Un piccolo esperimento, ben riuscito, che probabilmente potrebbe riproporsi non solo il prossimo anno ma anche in altra forma “stagionale”, come il natale. Vi immaginate descrivere le corse forsennate ai regali od alcuni improponibili presepi viventi? Intanto, immaginavo come chiudere “cartelle da spiaggia”: avrei potuto parlare dei quindicenni in prima fila al concerto della cover band dei Pink Floyd con le t-shirt degli “Alice in chains” (un po’ come se si andasse al concerto di Francesco De Gregori con la maglietta di Ligabue, con tanto di scritta frontale “Urlando contro il cielo”), oppure di quanto siano gentili e cordiali i gestori dei lidi privati della marina del tuo paese natio, soprattutto quando per un rustico e due birre ti chiedono (sempre gentilmente e con un accento vernacolare impeccabile) la modica cifra di 10€.
Ho pensato, invece, di riflettere su quanto i lidi privati siano divenuti tanti, troppi, a discapito del litorale pubblico, quindi libero. Parliamo un po’ di dati: a marzo 2017 su un totale di litorale Jonico ed Adriatico di 180 km si contano ben 286 lidi. A questi, entro il 2018, dovrebbero aggiungersene altri 92. Per un totale, ovviamente approssimativo, di 378. Perché il condizionale (d’obbligo)? Perché, puntualmente, ogni anno, vengono sequestrati non pochi lidi a causa di abusivismo edilizio e non solo. Il più recente caso, divenuto virale per ovvi motivi, è stato la chiusura preventiva del Twiga di Flavio Briatore che sarebbe dovuto sorgere sul litorale otrantino. Senza contare altri lidi noti alla Guardia costiera oltre che per il loro nome.
C’è da chiedersi perché, soprattutto in questa stagione estiva ormai passata, le gestioni e le concessioni nei riguardi dei lidi privati siano ormai divenute quasi ingestibili ed all’ordine del giorno.
Credo che la natura che è alla base di tali risultati sia dovuta ad un comun denominatore: il consumismo sfrenato ed incontrollato. Se quest’ultimo, infatti, non fosse sbarcato sui nostri lidi, le spiagge del Salento non sarebbero così occupate da ombrelloni e lettini a mercé di chi crede che l’aspetto privatistico di un certo tipo di turismo sia l’unico modo e l’unica via da seguire. Ciò che duole maggiormente è che, se è vero com’è vero che il mercato e la sua relativa “domanda” è creato dai cittadini, sono i salentini stessi a condannare in tale maniera la loro stessa “casa”.
E’ difatti contraddittorio e controproducente dover necessariamente pagare per aver accesso al luogo in cui, magari, si è nati e cresciuti. Un conto sono i servizi primari e secondari, quali toilette e bar, ben altri sono la spiaggia ed il mare. E’ doveroso e doloroso dirlo: se si è giunti a questo punto critico è in gran parte dovuto al fatto che sono gli stessi “autoctoni” ad aver alimentato questo tipo di mercato ormai fuori controllo. Ben vengano, invece, gli interventi di procure e della Guardia costiera che controllano, limitano e condannano l’abusivismo edilizio (Briatore docet). Se ciò spettasse al senso ed al dovere civico dei cittadini si potrebbe attendere inutilmente, giacché fin troppo occupati a “selfare” e taggare i lidi privati da loro visitati in virtù di un inguaribile narcisismo da social.
Qualche speranza? Poca a dir la verità, nonostante basterebbe rendersi conto della trasformazione territoriale ed ambientale cui assistiamo inermi ogni giorno per farci destare dall’immobilismo da smartphone e tastiera. Se, come dice il buon De Gregori, “la storia siamo noi” allora è la peggiore che sia mai stata scritta. O quasi.

Marco Marangio

giornalista pubblicista, dottore in Lettere Moderne, amministratore del blog Prima Pagina, autore di "Percorsi" (Albatros Il Filo, 2010) e di "Matteo Renzi - La parola sono io (Effigi editore, 2018)

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