Libero in prima pagina: la “malaria” del giornalismo italiano

La deontologia questa sconosciuta. Non è la prima volta che la linea editoriale di “Libero” (anzi “Occupato”, come ama definirlo Marco Travaglio) stupisce (in negativo ovviamente) i cittadini. Discriminante verso attori politici e non solo, il quotidiano diretto ad anni alterni prima da Belpietro poi da Feltri, ferisce ancora.
Oggi l’ha fatto unendo i due temi mediatici degli ultimi giorni, vale a dire “malaria” ed “immigrati” in un mix che trasuda poca contezza della conoscenza della realtà ed anche del codice deontologico giornalistico.
Difatti, un conto è la libertà editoriale che può vantare di possedere un giornale attraverso cui può esprimersi nel modo che più gli aggrada, un altro è la violazione di alcune buone norme cui attenersi per fare della buona e corretta informazione. Sia chiaro: in tal caso non ci si riferisce al turpiloquio (se usato correttamente può veicolare al meglio alcuni messaggi) ma l’infondatezza di quanto si afferma nel titolo della prima pagina in questione.
Il modus operandi, ed anche scribendi, del quotidiano dimostra per l’ennesima volta di contribuire ad aumentare divisioni e contrasti sociali tanto cari agli stessi fautori (finanziari, economici e politici) della crisi sociale portata con il fenomeno migratorio, divenuto ad oggi ingestibile.
La censura in Italia è usata al contrario: si usa soltanto eludendo e bypassando le notizie scomode al sistema politico italiano (silenziando i giornalisti o, ancora, ignorandoli del tutto), mentre dovrebbe evitare il presentarsi di questi episodi.
E’ bene ricordare sempre quanto diceva Enzo Biagi: l’Italia è tutto, fuorché un Paese normale.

Marco Marangio

giornalista pubblicista, dottore in Lettere Moderne, amministratore del blog Prima Pagina, autore di "Percorsi" (Albatros Il Filo, 2010) e di "Matteo Renzi - La parola sono io (Effigi editore, 2018)

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