Mattarella presidente, figlio di Nazareno

Gode di ottima salute ed è in forma smagliante. No, nessun riferimento al neo eletto presidente Mattarella. Almeno per il momento. Soggetto sottointeso è lui: il patto del Nazareno. Ad uscirne vincitore non è tanto il buon Sergio, nè la pluriapplaudita strategia renziana (si cincischia financo di “scacco matto”). Sarebbe curioso venire a conoscenza dei consiglieri di Renzi, visto che la classe dirigente è la stessa che due anni fa tornò in ginocchio supplicante dal Giorgio padre; sempre la stessa che ascoltò applaudendo come forsennati la predica di Napolitano mentre quest’ultimo non si esimeva dall’insultarli elegantemente tant’era riluttante (sino a un certo punto, sia chiaro) a ritornare al Colle. Per il dodicesimo capo dello Stato, ci sono volute migliaia di schede bianche per confermare una delle cose più certe di questa galoppante terza Repubblica: Mattarella presidente. Il braccio di ferro tra Renzi e B. è durato più di quanto avrebbe dovuto e sono bastate le prediche di Santanchè e Brunetta per rimettere il Cavaliere in carreggiata: fare il gioco di Renzi. Quest’ultimo, non poteva permettersi che Mattarella non venisse votato dall’ala forzista della sua maggioranza. Il motivo è semplice, giacché le prossime ed imminenti riforme dovrà farle con il suo interlocutore preferito. Quindi per coloro i quali credevano il Nazareno fosse ormai lacerato, fratturato, strattonato, nulla si è rivelato essere più di mendace: il patto, o piatto che dir si voglia, è lì pronto a testimonianza che la sinistra è ancora sulla piazza a buon mercato, che la destra acquista con felice consapevolezza e che le larghe intese sono più sintonizzate di prima. Sergio Mattarella altro non è, quindi, che il frutto del parto “doloroso” (mica tanto) di Renzi nipotino del fu Re Giorgio con il quale ha amato seguire la maratona quirinale di La7. Su Mattarella, nello specifico, poco si può dire sulle sue qualità presidenziali, lo si faccia prima iniziare benché in molti ne tessano già le doti. Su quali fatti e perché non è dato sapere, magari ben presto scopriremo i Nostradamus del nuovo millennio. Vero è che sarebbe potuta andare anche peggio, con i nomi di Amato e Finocchiaro passati di lingua in lingua nelle scorse settimane. La partita si è conlusa con il male minore possibile, con un nome finora rispettabile che è però rimasto anonimo su questioni quali, per l’appunto, il Nazareno. Di sicuro si sarebbe potuto scegliere di meglio: Imposimato o Prodi ad esempio. Rimanendo in tema pentastellato, rimane da dire che il M5S avrebbe dovuto agire più con la ragione che con il cuore e bloccare in prima istanza il nome di Romano Prodi e costringere Renzi con le spalle al muro. Per il resto,  vedremo come Mattarella sfrutterà le sue doti da arbitro e se farà meglio (si spera) o peggio (ci vorrebbe una buona dose di insensato coraggio) del suo predecessore. Noi italiani che, sulla scelta del presidente, ben poco abbiamo potuto fare non ci resta che osservare con aspettative positive e con la dovuta attenzione. Frattanto Magalli potrà tornare seneramente alla conduzione di “Affari Vostri”

Marco Marangio

giornalista pubblicista, dottore in Lettere Moderne, amministratore del blog Prima Pagina, autore di "Percorsi" (Albatros Il Filo, 2010) e di "Matteo Renzi - La parola sono io (Effigi editore, 2018)

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