Referendum? “Sì”. Consigli per un paese anormale.

Consigli per un paese normale”. Così titolava il suo ultimo libro Enzo Biagi prima di andarsene. Se fosse ancora qui, le sue parole sarebbero servite a far luce ed a denunciare quanto di anormale vige tutt’ora in un paese votato al conflitto di interesse, alla fascista testimonianza della democrazia, all’affarismo ipocrita delle lobbie, all’assordante e vergognoso silenzio dei tanti media nazionali e locali sul referendum(non tutti per fortuna).
Si potrebbe riflettere su quest’ultimo punto dolente. Benché i cittadini italiani siano ormai avvezzi al digiuno informativo, i Tg hanno superato la loro stessa indole di occultamento della notizia. Il danno è tutt’ora tangibile, considerato il fatto che gli italiani sono poco informati o (nella peggiore delle ipotesi) non sanno nulla del referendum. Ciò non solo ha favorito il partito delle banche e del petrolio di Renzi, ma ha contribuito a generare e moltiplicare l’astensione.
Veniamo al giglio fiorentino Renzi. Negli anni a venire ricorderemo il referendum del 17 aprile, più che per la sua natura ed essenza referendaria, per lo scandalo del ministro Guidi esploso proprio in concomitanza con la data della chiamate alle urne. Ancora una volta, il governo dei non eletti di Renzi ha dato prova della sua complicità in un sistema creato con l’unico scopo di arricchire i “pochi” potenti facenti parte della cerchia elitaria degli affiliati alle lobbie petrolifere. E non solo. Renzi avrebbe voluto nascondere ulteriormente il referendum, eppure sono state proprio le intercettazioni sia a far esplodere il caso Guidi che ad amplificare il monito del “perché votare contro le trivelle e contro il petrolio”.
Quest’ultimo scandalo, l’ennesimo, ha dimostrato quanto questo referendum sia più politico che tecnico come molti miopi e falsi osservatori cercano inutilmente di far credere. E’ politico ed affaristico. Nulla di più.
Personalmente, sono attivo su questo argomento dal 2014. Ho preso parte al movimento “Giù le mani dal nostro mare” due estati fa, quando i cordoni umani solcavano le spiagge del Salento, mia terra di origine. Le trivellazioni, così come la tanto temuta Tap sono più collegate di quanto si possa credere. Nella logica del potere, degli intrecci politici e del controllo di molti per il beneficio di pochi ogni singola azione fa parte di un’unica volontà precisa, di un piano ancor più architettato.
Per questo, e molto altro, ero scettico nel 2014 dinanzi all’ignorante impassibilità dei cittadini che non comprendevano la gravità sia di Tap che delle trivelle. Ed oggi sono disgustato per l’inosservanza e l’aridità intellettuale ed ipocrita di chi non andrà a votare o, peggio, di chi volutamente si astiene. Eppure le ragioni sono oggettive e semplici. Una parte di esse potrebbero essere così riassunte brevemente:

1 – Non si decide nulla sulle nuove trivelle. Il referendum riguarda le concessioni già esistenti entro le 12 miglia dalla costa. Non solo. Senza questo referendum si potrebbero procrastinare le attuali piattaforme anche dopo la concessione;

2 – dalle piattaforme italiane si estrae pochissimo. Le strutture sono inutili e dannose;

3 – le piattaforme non chiuderanno immediatamente ma solo al termine della concessione;

4 – il 48% degli impianti non sono stati sottoposti alla verifica di impatto ambientale mentre il 40% di loro (per la maggior parte concentrati al Sud) hanno più di 40 anni, quindi sono obsoleti e fatiscenti;

5 – se vince il “si” verranno bloccate le piattaforme subito dopo la concessione, se vince il “no” o l’astensionismo le estrazioni di petrolio potranno non finire mai.

Quante altre motivazioni dovrebbe avere un popolo per comprendere quanto sia utile votare e votare “si” per poter fermare la trivellazione costante, lenta e perpetua?
Davvero si ha ancora bisogno di delucidazioni dopo che il presidente del Consiglio (non eletto), in modo palesemente antidemocratico e fascista, ha esortato i cittadini al non voto? Quale democrazia degna di questo nome ha con sé parte delle Istituzioni che consigliano ai cittadini di non esprimere il loro diritto-dovere come il voto?
Davvero si ha bisogno di tecnicismi e spiegazioni pseudo ingegneristiche dopo lo scandalo del ministro Guidi? E’ dunque vero che la Storia non ha insegnato nulla e nulla insegnerà in futuro ad un popolo assuefatto da qualunquismo e consumistica borghesia?
Davvero si crede che l’Italia, con il blocco delle trivellazioni, potrebbe uscirne economicamente sconfitta dopo che tutta Europa punta sulle energie rinnovabili?
Davvero si professa ancora la religione più antica del mondo, ossia quella del petrolio, colpevole di morte umana e ambientale?
Petrolio. Chi conosce lo scrivente o chi semplicemente ha letto per più di qualche volta i post di questo blog ha sicuramente notato una certa letteraria, politica, culturale, se vogliamo anche sentimentale, vicinanza al pensiero di Pier Paolo Pasolini. Le sue parole hanno rivelato non solo il passato dell’Italia post fascista e democristiana ma anche il nostro presente che altro non era, per lo scrittore e regista, se non il futuro. Le sue profetiche parole lo hanno accompagnato verso le pagine del libro testamento “Petrolio”. Già verso la fine degli anni ’70, Pasolini aveva predetto senza essere ascoltato che il “pericolo” sia culturale che politico che si sarebbe scatenato da lì a pochi anni si sarebbe basato esclusivamente sugli interessi petroliferi della Nazione italiana. Un intreccio politico, mafioso e massonico che, se nel 1975 era solo agli albori, nel 2016 ne siamo letteralmente sommersi. Difatti siamo ancora qui, questo 17 aprile, a parlare e discutere di petrolio, l’energia nera che avremmo dovuto abbandonare decadi fa per evitare l’estinzione. L’assuefazione consumistica ha lasciato che il popolo non comprendesse, dimenticasse, ignorasse chi comanda realmente i vertici dei palazzi del potere. Non è Renzi che comanda. Chi comanda è innominato, silente e subdolo. Chi comanda è la massoneria.
L’unico modo per adempiere al nostro dovere di cittadini è andare al nostro seggio di appartenenza è votare; l’unico modo saggio, utile e costruttivo è votare “si” per cercare almeno di arginare (figuriamoci fermare) il fenomeno “trivellopoli”. Le prospettive, purtroppo, non sono delle più rosee: difficilmente si raggiungerà il quorum ma, se non altro, ci si sarà schierati dall’unica parte buona e giusta di questa battaglia. Se non altro, non avremo nulla da rimproverare a noi stessi, ai nostri figli.
Chi si asterrà domenica, non solo è ignavo e populista, ma è anche complice indiretto del gioco del potere. Chi non voterà, non vede la realtà al di là del proprio Io né si avvede che fra dieci o venti anni non vi sarà più un genere umano cui fare riferimento.
In fin dei conti è sempre così. Non è il potente ad ammazzare il popolo. E’ il cittadino stesso a suicidarsi, con idee dedite alla subcultura più becera che lo rende sempre più simile a schiavo del consumismo e dell’alienazione sociale.

Marco Marangio

giornalista pubblicista, dottore in Lettere Moderne, amministratore del blog Prima Pagina, autore di "Percorsi" (Albatros Il Filo, 2010) e di "Matteo Renzi - La parola sono io (Effigi editore, 2018)

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