San Pietro Vernotico: “Prima Pagina” solidale con il collega Italo Poso

833_1102937499745794_2730583621364969779_n (2)I lettori più affezionati di “Prima Pagina” lo sanno. Da qualche mese ho deciso di evitare di pubblicare articoli di opinione sulla politica sanpietrana, come accadeva in passato. La motivazione ufficiale sarebbe la lontananza spazio-temporale-psico-fisico dal mio paese natio. Ho chiesto a diversi “dei” il dono dell’ubiquità. Pare siano tutti a buon punto. Li ringrazio oltremodo per questo. Quello ufficioso sarebbe, anzi è, l’attuale livello della politica sanpietrana (esatto, linguistica italiana vuole che si scriva con la “N” e non con una cacofonica e malopropistica “M” come fanno in molti, sbagliando): un continuo ed inutile cincischiare dovuto, non tanto dagli “addetti ai lavori” amministrativi, quanto dalla claque di cui essi amano circondarsi. Commenti sprezzanti, inconsulti, denigratori nei riguardi di chi cerca di fare libera informazione. Addolora non tanto riceverli (significa che si sta facendo bene il proprio lavoro) quanto acuire che la provenienza sia non solo di dubbia qualità, ma sopratutto mal riposta e non dovuta, giacché fatta senza alcun titolo istituzionale. Il che sarebbe dovuto se a parlare fosse un cittadino libero, non gli associati, i tesserati di partito.
Come direbbe Quentin Tarantino: “Mi spiace. Non ho saputo resistere”. Per questo, dopo aver letto l’ultima elogiativa notizia sulla condotta democratica amministrativa sanpietrana, ritorno a discutere. Lo faccio però per difendere un collega. Un collega che è stato denigrato ma, quello che è ancor più duramente triste, privato del suo diritto/dovere di fare informazione.
Sia chiaro. Non ho sentito Italo né oggi né nei mesi precedenti. Nessun accordo ideologico, come molti furbetti faciloni potrebbero pensare.
Se esprimo la mia solidarietà, lo faccio perché sono anch’io un giornalista. Lo faccio perché sono blogger dal 2010 e so quante pressioni ricevono le “lance libere”. Lo faccio perché sono un cittadino attento ai valori democratici. Lo faccio sopratutto perché non appartengo né sono collegabile ad alcun blando schieramento partitico.
Poco importa se, quando sono stato attaccato vilmente dai partiti (nessuno escluso, i lettori di Prima Pagina lo sanno che mi hanno criticato financo Rizzo e i Cinque Stelle) non ho ricevuto solidarietà alcuna da Italo. Sono talmente libero che mi è ignaro anche il paradigma del “do ut des”. Se lo faccio è perché sono indignato che un sindaco tratti in tal guisa chi liberamente continua a fare il proprio mestiere. Sopratutto se utilizza come mezzo comunicativo un blog. Si può essere d’accordo oppure no sul pensiero giornalistico, sul modus operandi di un professionista. A giudicare l’operato deve essere il lettore, quindi i cittadini. Non un sindaco. Nè un amministratore.
D’altronde non li si può biasimare. Di questi tempi hanno avuti validi esempi. Renzi non fa altro che attaccare talk show, Tv ed i giornalisti non allineati.  Non è un caso se l’Italia sia classificata al 77° posto in fatto di libertà di informazione. Piccoli episodi come questo, vanno ad instaurarsi nel grande e grottesco mosaico nazionale. Guarda un po’ l’arroganza di questi pensatori che credono di poter lavorare liberamente come gli altri.
Per questo, caro Italo, non demordere. Anzi, continua. Quando riceviamo critiche trasversali da tutti gli schieramenti è il più chiaro messaggio di come stiamo operando nel modo giusto. Certo, un conto è ricevere citriche. Altro è essere bloccati, anche fisicamente, nel fare i giornalisti. Tant’è.
Viviamo in un periodo storico paradossale e anacronistico. Si torna indietro. Ci si involve. Senza rendercene conto.

In quanto direttamente padronale, la DC ha continuato a elaborare, in chiave ipocritamente democratica, le vecchie retoriche fasciste”.

(Pier Paolo Pasolini – Scritti Corsari)

Marco Marangio

giornalista pubblicista, dottore in Lettere Moderne, amministratore del blog Prima Pagina, autore di "Percorsi" (Albatros Il Filo, 2010) e di "Matteo Renzi - La parola sono io (Effigi editore, 2018)

I commenti sono chiusi.