Silvio Berlusconi voleva "chiudere" Annozero. Un membro dell’Agcom – dopo aver parlato con il premier – sollecitava esposti contro Michele Santoro. Il direttore del Tg1 Augusto Minzolini –
al telefono con il capo del governo – annunciava d’aver preparato
speciali da mandare in onda sui giudici politicizzati. E le loro
telefonate sono finite in un fascicolo esplosivo. Berlusconi, Minzolini
e il commissario dell’Agcom Giancarlo Innocenzi:
sono stati intercettati per settimane dalla Guardia di Finanza di Bari,
mentre discutevano della tv pubblica delle sue trasmissioni. E nel
procedimento aperto dalla procura di Trani – per quanto risulta a Il Fatto Quotidiano –
risulterebbero ora indagati. Lo scenario da “mani sulla Rai” vien fuori
da un’inchiesta partita da lontano. L’indagine .- condotta dal pm Michele Ruggiero – in origine riguardava alcune carte di credito della American Express.
È stata una “banale” inchiesta sui tassi d’usura, partita oltre un anno
fa, ad alzare il velo sui reali rapporti tra Berlusconi, il direttore
generale della Rai Mauro Masi (che non risulta tra gli indagati), il direttore del Tg1 e l’Agcom. Quelle carte di credito, in gergo, le chiamavano “revolving card”. Sono marchiate American Express e,
secondo l’ipotesi accusatoria, praticano tassi usurai sui debiti in
mora. In altre parole: il cliente, che non restituisce il debito nei
tempi previsti, rischia di pagare cifre altissime d’interessi. E così
Ruggiero indaga. Per mesi e mesi. Sin dagli inizi del 2009.
Fino a quando una traccia lo porta su un’altra pista. Il pm e la
polizia giudiziaria scoprono che qualcuno – probabilmente millantando –
è certo di poter circoscrivere la portata dello scandalo: qualcuno
avrebbe le conoscenze giuste, all’interno dell’Agcom,
che è Garante anche per i consumatori. Qualcuno vanta – sempre
millantando – di avere le chiavi giuste persino al Tg1: è convinto di
poter bloccare i servizi giornalistici sull’argomento, intervendo sul
suo direttore, Augusto Minzolini. Le telefonate s’intrecciano. I
sospetti crescono. L’inchiesta fa un salto. E la sorte è bizzarra:
Minzolini, il servizio sulle carte di credito revolving, lo
manderà in onda. Ma nel frattempo, la Guardia di Finanza scopre la rete
di rapporti che gravano sull’Agcom e sulla Rai. Telefonata dopo
telefonata si percepisce il peso di Berlusconi sulle loro condotte. Gli
investigatori si accorgono che il presidente del Consiglio è
ciclicamente in contatto con il direttore del Tg1. La procura ascolta
in diretta le pressioni del premier sull’Agcom. Registra la fibrillazione per ogni puntata di Annozero. Sente in diretta le lamentele del premier: il cavaliere non ne può più. Vuole che Annozero e altri “pollai” – come pubblicamente li chiama lui – siano chiusi. E l’Agcom
deve fare qualcosa. Berlusconi al telefono è esplicito: quando compulsa
Innocenzi – che dovrebbe garantire lo Stato, in tema di comunicazione –
parla di chiusura. E Innocenzi non soltanto lo asseconda. Ma cerca di
trovare un modo: per sanzionare Santoro e la sua redazione servono
degli esposti. E quindi: si cerca qualcuno che li firmi.
I ruoli si capovolgono: è l’Agcom che cerca qualcuno
disposto a firmare l’esposto contro Santoro. Innocenzi è persino
disposto, in un caso, a fornire, all’avvocato di un politico, la
consulenza dei propri funzionari. La catena si rovescia: un membro dell’Agcom
(che svolge un ruolo pubblico), intende offrire le competenze dei
propri funzionari (pagati con soldi pubblici), a vantaggio di un
politico, per poter poi sanzionare Santoro (giornalista del servizio
pubblico). In qualche caso si cerca persino di compulsare, perchè
presenti un esposto, un generale dei Carabinieri. L’immagine di
Berlusconi che emerge dall’indagine è quella di un capo di governo
allergico a ogni forma di critica e libertà d’opinione. Si lamenta
persino della presenza del direttore di Repubblica, Ezio Mauro, a Parla con me: Serena Dandini, peraltro, è recidiva. Ha da poco invitato, come sottolinea il premier, anche il fondatore di Repubblica, Eugenio Scalfari.
Il premier si scompone: nello studio della Dandini, due giornalisti
(del calibro di Mauro e Scalfari), l’hanno attaccato. Chiede se – e
come – l’Agcom possa intervenire. Innocenzi ci ragiona.
Sopporta telefonate quotidiane. Berlusconi incalza Innocenzi,
ripetutamente, fino al punto di dirgli che l’intera Agcom, visto che
non riesce a fermare Santoro, dovrebbe dimettersi.
Il premier intercettato dimostra di non distinguere tra il ruolo
dell’Agcom e il suo ruolo di capo del Governo. Pare che l’Autorità
garante debba agire a sua personale garanzia. Gli sfugge anche che,
l’Agcom, può intervenire soltanto dopo, la trasmissione di Annozero.
Non prima. E infatti – dopo aver raccolto lo sfogo telefonico di
Innocenzi sulle lamentele di Berlusconi – un giorno, il dg della Rai Mauro Masi, è costretto ad ammettere: certe pressioni non si ascoltano neanche nello Zimbabwe.
Il parossismo, però, si raggiunge a fine anno. Quando Santoro manda in
onda due puntate che faranno audience da record e toccano da vicino il
premier. La prima: quella sul processo all’avvocato inglese Mills,
all’epoca indagato per corruzione, reato oggi prescritto. La seconda:
quella sulla trattativa tra Stato e Cosa Nostra, dove Santoro si
soffermerà sulle deposizioni di Spatuzza, in merito
ai rapporti tra la mafia e la nascita di Forza Italia. Non si devono
fare, in tv, i processi che si svolgono nelle aule dei tribunali, tuona
Berlusconi con il solito Innocenzi. Secondo il premier – si sfoga
Innocenzi con Masi – si potrebbe dire a Santoro che non può parlare del
processo Mills in tv. Non è così che funziona, ribadice Masi. Non
funziona così neanche nello Zimbabwe. Comunque Masi non risparmia le
diffide.
Per il presidente della Rai non mancano le occasioni di minacciare la
sospensione di Santoro e della sua trasmissione. A ridosso della
trasmissione su Spatuzza, al telefono di Innocenzi, si presenta anche Marcello Dell’Utri.
Tutt’altra musica, invece, quando il premier parla con Minzolini, che
Berlusconi chiama direttorissimo. Sulle vicende palermitane, Minzolini
fa sapere di essere pronto a intervenire, se altri dovessero giocare
brutti scherzi. E il giorno dopo, puntuale, arriva il suo editoriale
sul Tg1: Spatuzza dice “balle”. Tutte queste telefonate, confluite ora
in un autonomo fascicolo, rispetto a quello di partenza, dovranno
essere valutate sotto il profilo giudizario. Se esistono dei reati,
dovranno essere vagliati, e se costituiscono delle prove, avranno un
peso nel procedimento. È tutto da vedersi e da verificare, ovviamente,
ma è un fatto che queste telefonate sono “prove” di regime. Dimostrano
la impercettibile differenza tra i ruoli del controllato e del
controllore, del pubblico e del privato.
Le parole di Berlusconi che, mentre è capo del Governo e capo di Mediaset,
parla da capo anche a chi non dovrebbe, Giancarlo Innocenzi, dimostrano
che viene meno la separazione tra i due poteri. Altrettanto si può dire
delle parole deferenti di Innocenzi che anziché declinare gli inviti
esibisce telefonicamente la propria obbedienza e rassicura Berlusconi:
presto sarà aperto lo scontro con Santoro. Dietro le affermazioni
sembra delinearsi un piano. È soltanto un’impressione. Ma il premier
sostiene che queste trasmissioni debbano essere chiuse, sì, su stimolo
dell’Agcom, ma su azione della Rai. Tre mesi dopo questi dialoghi,
assistiamo alla sospensione di Annozero, Ballarò, Porta a porta e Ultima parola proprio per mano della par condicio Rai,
nell’intero ultimo mese di campagna elettorale. E quindi: la notizia di
cronaca giudiziaria è che Berlusconi, Innocenzi e Minzolini, sono
coinvolti in un’indagine.
La notizia più interessante, però, è un’altra: il “regime” è stato
trascritto. In migliaia di pagine. Trasuda dai brogliacci delle
intercettazioni telefoniche. Parla le parole del “presidente”. Il
territorio di conquista è la Rai: il conflitto d’interesse del premier Silvio Berlusconi – grazie a questi atti d’indagine – è oggi un fatto “provato”. Non è più discutibile
Così Berlusconi ordinò: “Chiudete Annozero”
L’indagine di Trani coinvolge il premier, Innocenzi (Agcom) e il direttore del Tg1. Santoro nel mirino: “Chiudere tutto”