Rai, una a me e una a te

Le testate regionali sono suddivise a seconda della
maggioranza politica: 11 sono pro-governo

Il blu Pdl, il rosso Pd e l’azzurrino Udc.
Ecco a voi l’Italia dell’informazione pubblica: regioni per governo,
opposizioni e miste. Il federalismo Rai si chiama
Tgr, i
telegiornali locali. Sembra una cartina politica, fresca di pittura, tra
elezioni al primo turno e spolveratina di ballottaggi: sarà che le sedi
dei
Tgr Rai replicano – fedelmente – i colori politici. O
viceversa. Fare l’Italia a pezzi è un giochino, ma il risultato – simile
alle elezioni amministrative – ha un valore oggettivo, oltre che
cromatico: undici regioni per il governo, cinque al
Pd, una
ciascuna per Lega e
Udc. A capo delle venti redazioni – con
potere di nomina e di revoca – c’è
Alberto Maccari, ex
vicedirettore del Tg1, amico fidato di
Carlo Rosella e,
per amicizia transitoria, luogotenente di
Silvio Berlusconi.
Anche Maccari ha il suo Bossi, alleato fedele: Alessandro
Casarin
di Varese, condirettore con delega al Nord, gradito
ospite alle cene di Arcore tra il
Senatur e il presidente del
Consiglio. La sterzata a destra del duo Maccari-Casarin è stata dolce:
il predecessore faceva di nome
Buttiglione, Angela
sorella di Rocco, professionista seria e vicina con discrezione all’
Udc
(tant’è che il partito di Casini conserva le
Marche, un pezzo di Piemonte e un altro di Lazio).

I Tgr fanno il lavoro sporco, seguono i consigli comunali dei
capoluoghi, pedinano il governatore: politica dal basso, interesse
dall’alto. Perché i
Tgr fanno audience, entrano nelle
case sperdute di provincia, negli altopiani dove persino Mediaset lotta
contro l’embargo delle frequenze: 17 per cento di share per 3 milioni di
spettatori, punte del 19 per l’aggiornamento serale (medie di marzo
2010, elaborazione dati
Auditel-Studio Frasi). Le sedi
regionali hanno un responsabile scelto dal direttore generale e, per la
testata giornalistica, un caporedattore. Una procedura da sistema
feudale con passaggio formale in
Cda: dove il re in viale
Mazzini (
Mauro Masi) – a quattro mani con il vassallo
(Maccari) – boccia o promuove i valvassori. I cambi di guardia di
Maccari, a pochi mesi dalle elezioni, premiano il governo.

 

Scacco matto in sei mosse. A Cosenza c’è Annamaria
Terremoto
, ex An, area Maurizio Gasparri e
dunque
Giuseppe Scopelliti, nuovo presidente della
Calabria e già sindaco di Reggio. Amico di
Gianni Alemanno,
Nicola Rao è l’autore de ‘Il sangue e la celtica’ e,
da pochi mesi, capo del
Tgr Lazio. Avvicendamento stile coast
to coast
tra Basilicata e Puglia: Renato Cantore (centrosinistra)
lascia Potenza per Bari, il lucano
Oreste Lo Pomo (più
Pdl che Pd) è profeta in patria. In Veneto è tornato
Beppe Gioia
, in posizione intermedia tra Lega e Pdl:
in sintonia con
Giancarlo Galan, sarà intoccabile con
il successore
Luca Zaia.

Il colpo grosso è in Emilia-Romagna, nella terra delle cooperative rosse
e dell’Ulivo, c’è Luca Gianferrari, iscritto con entusiasmo al fu
sindacato Rai che voleva annientare l’Usigrai. La restaurazione di
Maccari è iniziata con le regioni più o meno in bilico al voto e
proseguirà con i fedeli a corrente alternata. A Napoli c’è
Massimo
Milone
, ultimo residuo del ventennio di Bassolino: un
giornalista che vien dal centro, moderava i convegni del Pdl, eppure il
governatore socialista Caldoro ha bersagliato di critiche: "Qui c’è Tele
Kabul", diceva il portavoce del
Pdl campano. A proposito di
impero. In Lombardia c’è sempre
Roberto Formigoni: al
Pirellone nulla è invariato, pari immobilismo al
Tgr che, in
tre mesi, aveva concesso 86,87 minuti al
Pdl e 5,4 al Pd (fonte
Osservatorio di Pavia). Così i capigruppo del partito democratico: 1,3 a
Porcari (regione), 4,10 a Majorino
(comune) e 0 a
Mauri (provincia). Il capo di Milano è
Ezio Trussoni, da giovane militava nel partito comunista, poi ha
conosciuto la galassia di Confindustria, doveva gestire la tv del
Sole
24 Ore
. E’ rientrato in Rai nel pieno dell’epopea Formigoni.

Necessità virtù. Nelle isole basta l’ascendente: Tonino
Oppes
(Sardegna) è amico di Beppe Pisanu (ministro
dell’Interno con Berlusconi),
Vincenzo Morgante (Sicilia)
proviene da una famiglia di centrodestra.
Carlo Cerrato (Piemonte)
è un ibrido: se avesse un’etichetta, sarebbe dell’
Udc. Il Tgr
del Piemonte era con la
Bresso contro la Tav,
mercoledì sera ha intervistato per dieci minuti il governatore leghista
Cota. Filippo Massari (Molise) è
considerato un aziendalista: così la Regione Molise – presidente
Michele
Iorio
del Pdl – ha citato per danni la testata perché
aveva in rassegna stampa un quotidiano che "lederebbe l’immagine della
regione e dei suoi rappresentanti".

fonte,
"Il Fatto Quotidiano"

Marco Marangio

giornalista pubblicista, dottore in Lettere Moderne, amministratore del blog Prima Pagina, autore di "Percorsi" (Albatros Il Filo, 2010) e di "Matteo Renzi - La parola sono io (Effigi editore, 2018)

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