Chi sono

Racconto greve di una vita semi seria

 

12039428_10207855899024225_4220621985510990953_nNasco a maggio del 1985. Anno del primo Live Aid, quindi influenzato dalle note di Mark Knoplfer, Eric Clapton, Santana e Pink Floyd. Stesso anno del vinile “Scacchi e tarocchi” di Francesco De Gregori. Da piccolo credevo che “La storia siamo noi”, l’avesse scritta per me. Degli anni ’90 ho quindi metabolizzato il meglio: ricordo Mazinga, il riff finale di “Sultans of Swing”, lo schermo nero di MS-Dos. La manina appiccicosa delle patatine San Carlo, no. Quella la lascio a Gasparri. Ricordo anche quando mio fratello mi portò al cinema a vedere il “Batman” di Tim Burton. Era il 1990 ed avevo appena cinque anni. Ricordo Falcone e Capaci. Benché non capì appieno la drammaticità di quella strage, forse fu allora che pensai che sarebbe stato bello, da grande, poter raccontare tante cose. Da quel momento iniziai a leggere. Molto. Da Paperinik sono passato a Terry Brooks, da Conan Doyle a Dickens. Adesso sono fermo da anni su Pasolini. Ho affinato la mia capacità di scrittura al liceo Classico di Lecce. Ricordo la mia prof di italiano. Quando vedeva un errore, anche piccolo, sui miei compiti stracciava il foglio. Allora la maledicevo. Adesso la ringrazio di cuore. Ho seguito la chiamata alle armi umanistiche nell‘Università di Lecce. Lì ho incontrato il giornalismo. Dapprima con la rivista interna della Facoltà di Lettere dove recensivo album musicali e fumetti. Nel 2009 ho poi iniziato una collaborazione non occasionale con un settimanale leccese. Ho esordito scrivendo il mondo che mi affascinava di più: quello della cultura. Nel 2010, la svolta. Minima ma sostanziale. Sono stato assunto come corrispondente da un quotidiano della provincia di Brindisi. Lì ho narrato le storie politiche e mafiose del mio territorio. Un giorno, però, ricevo una chiamata del mio capo redattore:
“Marco, ti andrebbe se ti affidassi un’inchiesta ambientale?”
“Da dove vuoi che cominci?” fu la mia risposta.
Da quel momento ho più volte guadagnato la prima pagina, narrando le drammatiche incidenze di neoplasie del mio territorio e denunciando più volte i colossi del fossile Enel e Montedison.
Nel 2011 la crisi dell’editoria ha colpito la mia redazione. In compenso a luglio di quell’anno sono diventato giornalista pubblicista ed ho pubblicato il mio primo libro: “Percorsi”, una breve raccolta di poesie scritte durante la mia adolescenza e maturità. Con Percorsi ho fatto diverse presentazioni, tra cui due a Roma ed una alla fiera internazionale del libro di Torino.
Dopo la laurea ho continuato la mia attività giornalistica entrando nel campo del giornalismo online: dapprima come video reporter per una web-tv locale, successivamente per due testate web di Lecce e Brindisi. Ho continuato seguendo la scia della cronaca nera e della politica. Ho aperto il mio blog personale, (già online dal 2010, ma con il proprio dominio dal 2013/2014) scegliendo l’URL più bello del mondo: marcomarangio.com. Bisogna pur superare ogni tanto il proprio narcisismo. Qui racconto gli episodi più o meno rilevanti  in forma di giornalismo d’opinione.
Dopo di ché, come accade per tutte le relazioni che durano da troppo tempo, ho deciso di prendere una lunga pausa dal mio territorio. Il mare ed il barocco leccese non mi hanno convinto a restare. Per questo ho spedito me stesso in esilio volontario a Siena, dove mi sto attualmente specializzando e dove continuerò a scrivere, nonostante tutto.  Per il resto c’è ben poco altro da aggiungere. Sono il sommario e il sillogismo di quanto detto sinora: giornalista, umanista per scelta, cinefilo per nascita, musicista molto amatoriale, scrittore. Il mio “io” spesso mi delude. Il giornalismo, invece, mi ha dato molto. Ho incontrato e intervistato: Franco Battiato (sì lui, non la sua proiezione astrale), Angelo Branduardi e la sua tracotanza, Nino Frassica, Beppe Fiorello, Neri Marcorè, Alberto Angela (esatto, il figlio
che tutti vorrebbero avere), Massimo Cacciari, Antonio Caprarica, Marco Travaglio, Andrea Scanzi.
Avrei voluto essere più conciso. Lo so, mi spiace. Purtroppo non amo parlare di me stesso, quindi mi dilungo.

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