Gennaio: tra morte e l’immortale “Faber”


Un gennaio “atipico” quello che stiamo cercando di
arrancare ultimamente. Partendo dalla situazione meteorologica, finendo a
quella d’attuale accezione. Il maltempo ha colpito in modo inesorabile l’intera
penisola. Il nord Italia ha subìto pesanti disagi, riguardanti l’urbanistica
stradale e sofferenze civili; Milano, per “eccellenza”, nonostante le
difficoltà ha manifestato sentimenti filantropici e solidali, testimoni
entrambi di grande umanità. Appare al contempo evidente il fatto che un
solstizio è ben lungi dall’attuarsi nella stella di Altarf e che, pertanto, non
è opinabile la neve d’inverno. Ad accompagnarci vi è anche un assuefatto sentore
di morte. La guerra in medio Oriente si dilata, abbracciando nuove vittime. Una
lotta tra culture e mondi differenti, universi paralleli che si scontrano, una
ferita eternamente aperta e mai rimarginata.

Questo Gennaio, oltre a quanto
enunciato, è rimembranza onorata per il
decennale della
scomparsa di una grande icona del nostro paese:
Fabrizio De Andrè. Uomo eclettico, poliedrico, poeta sublime,
alchimista della parola. Pacifista ancor prima del celeberrimo ’68, anarchico
ma cantastorie degli “ultimi”. Ci ha insegnato a non condannare il genere umano
per i suoi errori, ma a comprenderlo e ad assolverlo dai peccati. Tanto è stato
detto, tanto ancora è rimasto da dire. Credo che un riconoscimento sia nella
tradizione: grazie Fabrizio.

Marco Marangio

giornalista pubblicista, dottore in Lettere Moderne, amministratore del blog Prima Pagina, autore di "Percorsi" (Albatros Il Filo, 2010) e di "Matteo Renzi - La parola sono io (Effigi editore, 2018)

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