Gotham City

Gotham City

“Tranquilli,
è Cartoonia”, titolava il fondo di Conchita De Gregorio sull’Unità del
4 marzo, perché, vista da fuori, “l’Italia deve sembrare il regno dei
cartoni animati popolato da pupe e gangster, supereroi e sbruffoni,
giocattoli che credono di saper volare e conigli parlanti… i brutti non
sono cattivi è solo che li disegnano così.”
All’indomani
del decreto ad listas, l’impressione delle persone perbene di questo
Paese è che l’Italia, più che a Cartoonia, assomigli sempre più
pericolosamente a Gotham City. Ma a una Gotham City senza Batman ,
come implicitamente ammette ora la stessa direttrice dell’Unità quando
scrive che “Il partito del fare e del malaffare, del fare un po’ come
gli pare – dell’abuso e del condono, del sopruso e del perdono, della
cricca che sono – ha digrignato i denti e sfoderato braccia tese…”
Dunque una Gotham City meandrica, gotica e tenebrosa come quella del
fumetto, dove però i malfattori spadroneggiano indisturbati e le strade
sono pieni di cartelli: “qui la legge dello Stato non vi protegge più”.
Il
Pinguino qui s’è fatto sindaco, insomma. Il decreto salva liste è
l’ultimo episodio ed il sigillo finale di una premeditata aggressione
alle regole democratiche che dura ormai da quindici anni e che neppure
il peggior andreottismo, quello che minacciava Baffi e Sarcinelli e che
in Sicilia flirtava con la mafia, s’era mai permesso di attuare in modo
così esplicito e spudorato.
Sembrano
all’improvviso essersi inceppati tutti i meccanismi della macchina
democratica, quella complessa e talvolta irritante (ma la democrazia
non è mai una cosa semplice) rete di argini, dighe, e paratoie che
frenano l’ingordigia e l’arbitrio dei pochi a salvaguardia della
libertà di tutti gli altri.

La
democrazia dovrebbe essere come il canale di Panama, un corso d’acqua
con balze, forre e dislivelli che soltanto la paziente opera dell’uomo
rende navigabile, mentre per Silvio Berlusconi è un’autostrada
monocorsia dove solo il suo Ferrari può sfrecciare indisturbato e senza
neppure pagare il pedaggio.
Per
molto meno, nel 1960 il nostro Paese scese in piazza per manifestare
violentemente il proprio dissenso contro una manovra di palazzo
tendente a riportare gli eredi del fascismo nella stanza dei bottoni.
Oggi, invece, assistiamo tutti attoniti e smarriti ad una riscrittura
abusiva e settaria della Carta costituzionale messa in atto attraverso
la semplice manipolazione mediatica della parte più debole
dell’opinione pubblica, alla quale giornali e televisioni di regime per
giorni hanno fatto credere che l’esclusione delle liste del PdL in
Lazio e Lombardia fosse stato il risultato di un colpo di mano della
lobby dei giudici e del partito dei nemici di Berlusconi.
Non
si cambiano le regole durante il gioco, ha ammonito ieri un alto
prelato. Giusto, non si dovrebbe mai farlo, soprattutto quando la
regola da cambiare è vigilata da un principio costituzionale. Ma per
Berlusconi e la sua iperattiva “cricca” le regole, è noto, sono solo
quelle che ognuno dà a se stesso, in nome di una Robinsonrecht, un
diritto dell’uomo solo, che non comprende nemmeno la presenza
fastidiosa di un qualsivoglia Venerdì.

fonte,
il cannocchiale.it

 

Marco Marangio

giornalista pubblicista, dottore in Lettere Moderne, amministratore del blog Prima Pagina, autore di "Percorsi" (Albatros Il Filo, 2010) e di "Matteo Renzi - La parola sono io (Effigi editore, 2018)

Lascia un commento

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.