Processo Mills: Lodo Alfano, deo gratias!

Italia. Un paese democratico, nato dalla
resistenza. Un paese libero. Per alcuni forse fin troppo per coloro i quali non
sanno ben scindere la differenza che intercorre tra res pubblica e res privata. Uno
status che vive ormai da troppo tempo, che va sempre più consolidandosi.
Correva l’anno 1994 quando per la priva volta, in Italia, si è varcato il
limite che separa la legalità dall’illegalità (senza tener conto della
celeberrima tangentopoli). Un grande
imprenditore, la cui opinabile notorietà solca i confini mondiali, scendeva nel
campo politico ignorando la legge e la costituzione stessa
in relazione all’articolo 10
della legge n.361 del
1957,
secondo cui
«non sono eleggibili (…) coloro che (…) risultino vincolati con lo Stato
(…) per concessioni o autorizzazioni amministrative di notevole entità

economica». La “notevole entità economica” è qui chiamata in causa per
rimembro della famosa società edilizia Edilnord
Sas
( grazie alla quale oggi esiste Milano Due) e dalle proprietà
televisive che gli italiani amano da decadi. Corre l’anno 2009 e la situazione,
usando un eufemismo, non è affatto migliorata.

Processo
Mills.
Questo il “titolo” convenzionale che ha acceso un dibattito dal
fortissimo richiamo legale. Deprecabile comportamento non solo dell’imputato ma
delle stesso rappresentante della Repubblica italiana.
Donald David Mills Mackenzie,
Consulente
della Fininvest per la finanza estera inglese, è stato condannato per falsa testimonianza, corruzione
in atti giudiziari a favore di Silvio Berlusconi
dalla procura di Milano
. Questo
processo è scaturito dallo stesso avvocato Mills, il quale aveva scritto una
lettera al suo commercialista, Bob Drennan. Nella lettera, Mills
dichiarava che Berlusconi aveva versato in nero sul suo conto in Svizzera,
tramite il suo dirigente Carlo Bernasconi, 600.000 dollari. Il
versamento era dovuto alle testimonianze reticenti rese dinanzi al tribunale di
Milano, nel quale, Mills non disse tutto quello che sapeva, ma svicolò abilmente
fra le domande dei magistrati per tenere indenne "Mr B."
L’ultima mossa per evitare una
condanna a 4 anni e 8 mesi si materializza a metà mattinata con una memoria di
otto pagine. L’avvocato inglese David Mills si affida a un italiano
maccheronico per spiegare che, lui, non è "mai stato corrotto da Silvio
Berlusconi". Il premier, secondo l’imputato del processo milanese per
corruzione in atti giudiziari, è solo vittima "dei miei errori". Questo,
in modo meramente sommario, è il quadro di un contesto torbido nel quale si
aggira la presunta legalità italiana. Un giustizialismo che rimane assopito da
troppo tempo. Processo, questo, non ampiamente spiegato da tutte le testate
giornalistiche italiane che deduce una sottile dittatura, ma pronta ad
emergere. E’ per questo che, per noi, parlano invece gli altri stati europei:

 

  • "Avvocato condannato per corruzione per aver
    protetto Berlusconi" titola l’International
    Herald Tribune
    .

  • Il Guardian
    alla vicenda dedica diversi servizi, dalla caduta di Mills, "che dopo
    la tempesta giudiziaria in Italia ha cercato di mantenere un basso
    profilo", al Lodo Alfano, "considerato una priorità del governo
    Berlusconi" grazie al quale il premier ha conquistato l’immunità

 

 

E’ inutile negarlo. La stampa estera offre una chiara veduta di
ciò che è diventata la nostra Italia. Negli altri paesi risulta in modo
scandaloso che, grazie al lodo Alfano, il premier si sia “salvato” dalla legge.
Fatto ancora più blasfemo è che nessun italiano, nessun cittadino pare
interessato al fatto. Forse viene ignorato del tutto. Un’ Italia già messa in
ginocchio dalla crisi viene deturpata finanche nelle sue più portanti
strutture. E’ da chiedersi, se e quando, riusciremo a svegliarci dall’incubo.
Ma si sa. Gli italiani hanno paura della rivoluzione.

Marco Marangio

giornalista pubblicista, dottore in Lettere Moderne, amministratore del blog Prima Pagina, autore di "Percorsi" (Albatros Il Filo, 2010) e di "Matteo Renzi - La parola sono io (Effigi editore, 2018)

Un commento:

  1. tengo a precisarne le fonti:wikipedia e, OVVIAMENTE, Repubblica.it

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