Giovani
e politica.
Un binomio “ambiguo”, contestato, forse fin troppo. Un rapporto che, pur non
essendo agli antipodi, ha lasciato molto discutere e lo fa soprattutto adesso. Rapporto
dialogico di discutibile fattezza. Si è detto sempre che sono i giovani a non
occuparsi della politica. Ma è pur vero che, guardando il nostro mondo attuale,
pare che sia la politica stessa a non occuparsi più della fascia dalle
potenziali più promettenti in ambito sociale. Il fulcro che ha generato questo
focolare, ormai destinato pian piano ad estinguersi, è stato il famigerato ’68. Un contesto storico dalla
fattualità “disagiata”: il dopo guerra. Un periodo di ri-assestamento, di
ri-costruzione e non si fa riferimento a mere infrastrutture. Ricostruzione
delle menti, della cultura, dei giovani appunto. Furono proprio quest’ultimi ad
essere la colonna portante del movimento politico di quel tempo. Contestazioni,
scioperi che hanno segnato non solo le pagine della storia d’Italia ( che ad
onor del vero fu uno degli ultimi baluardi), ma dell’intera Europa. Ciò che
manca ai giovani d’oggi è la fiducia nei confronti delle istituzioni.
Disoccupazione, crisi economica e un dolce preludio alla privatizzazione delle
Facoltà non fanno altro che inasprirne il rapporto. Gli adulescens perdono man mano i loro ideali, non riflettono su alcun
caso che riguardi il mondo politico. Ciò non è del tutto opinabile, dal momento
che l’informazione telematica è invasa da programmi di second’ordine, che
fungono da palliativi il cui scopo primario è ottenebrare le menti. Questo è il
vantaggio di possedere le reti mediaset. Eppure, la soluzione che Gramsci dava il secolo scorso ha un riscontro attuale
di grande levatura: riordinare la struttura culturale del paese attraverso la
lettura e l’apprendimento.
Usare i mezzi di comunicazione come “organon” per affermare il vero e
denunciare le false verità. Solo così i giovani possono riappacificarsi con il
mondo politico, credere ancora nello Stato e nella Costituzione. Ciononostante,
la speranza permane. Un minimo raggio di attivismo, infatti, esiste ed è
proprio in questi giovani, seppur pochi, che noi affidiamo il futuro. Potranno
essere loro al centro di un probabile ripristino di nuove menti giovanili. La
storia è fatta per ripetersi. Nulla vieta ad un ricorso storico pronto a
riaccendere la vecchia fiamma del ’68 e riavere nuova linfa e certezza. Dovremmo
saper bene che, le nuove generazioni, non cercano un adulto perfetto da
idolatrare bensì un adulto che, seppur non esente da difetti, ha una grande e
rara dote: la sincerità che, osservando quotidianamente le notizie, si
comprende che è prerogativa di pochi.