Renzi e l’italicum: ecco il “fascismo di sinistra”

Un giorno non troppo lontano sorgerà un certo ‘fascismo di sinistra’. Esso sarà composto dagli stessi militanti dell’odierno PCI e da intellettuali sinistroidi, ma gli stessi avranno sino ad allora indossato gli abiti dei moralisti e dei borghesi”.
Questo pensava della sinistra Pier paolo Pasolini. Negli ultimi mesi della sua esistenza aveva predetto, a sua stessa insaputa ed a suo malgrado, il trasformismo che avrebbe coinvolto la sinistra italiana nei futuri trentanni. Ad oggi parrebbe tutto ciò di regolare e fisiologica condizione politica, almeno nel paese degli intellettualmente disonesti, dei voltagabbana e degli ignavi seriali la cui memoria storica non è dissimile dalla più evanescente delle vacuità.
Pasolini, nel prematuro epilogo della sua vita di scrittore ed intellettuale, ben aveva compreso che la sinistra, quella che un tempo poteva umilmente ambire alla sua più nobile definizione, sarebbe da lì a poco divenuta mutagena espressione di borghesi collettivizzati e di ipocriti esponenti sinistroidi: il pasoliniano “fascismo di sinistra”.
Ultimo anello mancante di questa involuzione pare essere l’attuale premier Renzi con la sua creatura che ama definire dinanzi al popolo asservito “italicum”.
Quest’ultimo altro non è se non un ben conclamato ed esplicito atto di forza tra i membri ignavi e minoritari del suo partito e l’esistenza del suo stesso governo maggioritario. Con la minaccia dello scioglimento delle Camere, non solo impone esplicitamente il suo volere influenzando la votazione, ma deturpa in maniera antidemocratica un percorso libero ed incondizionato. Non solo. L’atteggiamento malignamente imperativo del premier ha leso e deturpato sia la figura del Capo dello Stato (cui spetta legittimamente lo scioglimento delle Camere) che la stessa Carta costituzionale italiana pagata dalla nostra Nazione con sangue e coraggio sacrificali.
L’Italia, retta attualmente da una coriacea crosta di malaffare, ha imparato sì dall’errore storico del fascismo, infatti ne ha mitigato artificialmente le fattezze per trasformarlo in apparente ed appagante democrazia; ha sì imparato da Tangentopoli, infatti ne ha perpetuato il losco ed essenziale paradigma ladrocinante.
In tutto questo, l’italiano medio non solo assiste inerme e passivo dinanzi lo sfacelo della propria Patria, ma peggio ne asseconda l’implosione quando fiancheggia ai livelli nazionali, regionali e locali chi si fa congiunturalmente fautore di questi delitti democratici, dove omertà, falso perbenismo e moralismo danno sostanza all’oscuro operare.
Oggi, 4 maggio, giorno in cui ricorrono i 750 anni di Dante Alighieri, ricordiamo una delle sue più attuali dichiarazioni poeticamente politiche sull’Italia. Dal ‘300 ad oggi, pare che nulla sia cambiato, ma anzi il nostro territorio sia destinato ad un totale e graduale disfacimento.

Ahi serva Italia, di dolore ostello,
nave sanza nocchiere in gran tempesta,
non donna di province, ma bordello!

Dante Alighieri – Divina Commedia, Purgatorio – canto VI

Marco Marangio

giornalista pubblicista, dottore in Lettere Moderne, amministratore del blog Prima Pagina, autore di "Percorsi" (Albatros Il Filo, 2010) e di "Matteo Renzi - La parola sono io (Effigi editore, 2018)

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