a cura di Giovanni del Giudice
Come
l’età antica giunse all’estremo limite della libertà, così noi a
quello della servitù, quando ci viene tolta persino la facoltà di
parlarci e di ascoltarci a vicenda. Anche la memoria perderemmo,
insieme alla parola, se, come il tacere, così fosse in nostro potere
il dimenticare. Infatti, per la naturale debolezza umana, i rimedi
operano meno prontamente dei mali e, come i nostri corpi crescono con
lentezza ma si estinguono ad un tratto, così riesce più facile
soffocare l’attività degli ingegni e l’emulazione che richiamarle in
vita: subentra infatti la dolcezza degl’ignavia stessa, e l’inerzia,
dapprima odiosa, alla fine si ama.
(Tacito
– Agricola 3,1)