Quando la cronaca termina il suo
operato, subentra subito ciò che l’uomo usa chiamare “storia”. E’ quello che accade quando, il semplice
senso del dovere si manifesta in esempio per gli altri, destinato a perpetuarsi
in eterno. Si parla, in special modo, di Giovanni Falcone e Paolo
Borsellino. Le parole non saranno mai abbastanza per testimoniare il coraggio
di due uomini, comuni e straordinari al contempo, e farne memoria.
Proprio per tale motivo, è stata
organizzata dall’assessorato comunale alla Cultura di San Pietro Vernotico, la “Giornata della memoria e dell’impegno contro le mafie”, presso la nuova sede del Giudice di Pace. L’incontro ha visto come ospite un
personaggio che, per eccellenza, rappresenta ancora e soprattutto oggi
l’emblema di lotta al crimine organizzato: Maria
Falcone, sorella del magistrato
Giovanni Falcone, assassinato dalla mafia il 23 maggio del 1992.
Veri protagonisti dell’evento,
sono stati invece i giovani studenti delle scuole medie “Don Minzoni”e
superiori dell’ Istituto Tecnico Nicola
Valzani.
I ragazzi, infatti, già dallo
scorso anno hanno iniziato un percorso d’educazione alla legalità che li ha
visti partecipare persino alla ben nota trasmissione di Rai Uno: “I Sogni son
desideri” condotta da Caterina Balivo. “In quella sede”, come ha voluto
ricordare il sindaco dott. Gianpietro Rollo dinanzi alle telecamere di TeleRama“
i bambini hanno contribuito con Libera confiscando non solo diverse terre alla
mafia locale, ma addirittura adottandone un pezzo e facendolo proprio”. Simbolo di un lavoro capillare e di
continuità generazionale che si trasforma senza reticenze in “missione”.
La dott.ssa Falcone, ha
ricostruito il ritratto ideale del fratello partendo dai ricordi d’infanzia
quando “Giovanni era soltanto un
giovane studente, molto sveglio e dedito soprattutto allo sport”.
“La nostra mamma”,
continua “si è sempre battuta per farci comprendere l’importanza dello
studio”. “Ho sempre creduto e lo confermo chiaramente tutt’ora, che
Giovanni è stato tale solo grazie all’educazione della nostra famiglia e agli
insegnamenti ricevuti da essa”.
Un ritratto intimo, di un uomo
come tanti ma unico nel compiere il proprio dovere sino in fondo.
“Il Giovanni adulto, invece, è
stato definito come la personificazione dello Stato. Ed è vero. Avere il senso
dello stato, spiega la dott.ssa Falcone agli studenti, “vuol dire aver
senso di appartenenza alla società e mio fratello ha sempre amato e servito la
democrazia più vera”.
I giovani di oggi, pertanto, non
differiscono da quelli di ieri. La sottile e grande differenza risiede nel
nucleo famigliare e nell’educazione che offre.
Si è poi ricordato i primi
interventi di Falcone a Palermo, poco dopo aver vinto il concorso di
magistratura. “Prima che arrivasse
mio fratello come procuratore, a Palermo la parola mafia era impronunciabile.
Lui è stato il primo personaggio a renderla pubblica e con essa tutti i fatti
correlati.”
Il celeberrimo maxi processo di
Palermo (in numeri si parla di ben 476 imputati) è stato quindi soltanto
l’inizio, tenendo altresì conto della sua portata a livello mondiale cui
parteciparono giornalisti di ogni nazione.
Da allora, l’immagine non solo di
Palermo, ma di tutta l’Italia è notevolmente cambiata. Un cambiamento di veduta
radicale. Sino ad allora,infatti, tutti i reati mafiosi erano stati visti in
modo singolo. Negli anni ’80 Giovanni Falcone, cambia veduta d’insieme
ponendoli in un tragico mosaico più ampio al quale erano collegati scopi e fini
ben precisi.
Momento solenne dell’evento, è
stata la visione di un breve filmato edito da Rai Educational e musicalmente
composto da Nicola Piovani che, tramite foto ed immagini della famiglia
Falcone, ha ricostruito la tempra ed il coraggio dell’eroico magistrato. Il
silenzio ha lasciato spazio alla commozione più sincera.
Importanti gli interventi di
altri illustri ospiti tra cui il Procuratore dott. Marco di Napoli che, commosso,
ha raccontato il suo ultimo dialogo con la moglie di Falcone, Francesca
Morvillo, alcune ore prima del tragico attentato. “Una morte ingiusta,
causata dal fatto che Giovanni ha compiuto il suo lavoro sino in fondo”.
Ciò che rimane nelle nostre mani
è la sua testimonianza ed il dovere di diffondere in tutte le coscienze questo
esempio di condotta morale. I più giovani sono il suo lascito. La mafia, così
come ricordava anche Paolo Borsellino, trova la sua forza nel consenso
popolare. Importante è pertanto imparare ad educare i nostri figli a scegliere
la parte più giusta dove schierarsi. “Il nostro Salento, non è da definirsi
sociologicamente mafia”, afferma Cataldo Motta procuratore-capo
della Repubblica a Lecce. “Non ha mai avuto il consenso della gente ed è
giunta l’ora perlomeno per arginare questo fenomeno
aberrante che tende continuamente a rigenerasi”.
In un momento come questo, in cui
la gente ha perso ingiustamente fiducia nell’ordine della magistratura, bisogna
affidarsi alla buona politica e alle persone di buona condotta morale. E i
giovani? Che siano la speranza in futuro dove la mafia non rubi più né i soldi
né le vite ai prossimi nostri fratelli. Ma per far ciò, bisogna dare buona
testimonianza durante il tempo della nostra vita, da veri educatori. In fin dei
conti, “gli uomini passano, le idee restano e camminano sulle gambe di
voialtri” (Giovanni Falcone).
Marco Marangio