E’ notizia di qualche giorno fa: l’Unione europea boccia la manovra economica italiana.
Conte e Tria non passano l’esame davanti la commissione UE. Motivazione: deficit eccessivo. E’ stata letteralmente violata la regola sul debito, tanto da raccomandare l’apertura di una procedura di infrazione.
In parole povere: il rapporto fra debito pubblico e Pil deve restare sotto il 60%. Mentre si prevede che il deficit strutturale aumenterà dello 0.8%.
Ebbene sì, è solo una previsione.
Non lo dico io. Lo dice Dombrovskis:
“Credo che il risultato sarà nuova austerity. Rischio che il Paese cammini come un sonnambulo verso l’instabilità. Noi segnaliamo i rischi prima che sia troppo tardi“.
Ci sarebbe da chiedere a Dombrovskis quali nuovi tipi di austerity l’Italia dovrebbe provare. Dal governo “lacrime e sangue” del loden Monti l’Italia non ha visto altro che austerità economica.
La stessa austerità che le ha fatto, comunque, crescere il debito pubblico. Gli altri tipi di “austerità” sono stati provati ed approvati da Letta e Renzi, che hanno seguito il diktat economico della UE.
I fatti sono questi: l’Europa, che di unione ha ormai ben poco, ha potere decisionale economico in modo implicitamente diretto nei riguardi degli Stati membri. A conti fatti, ha più potere decisionale del ministro dell’Economia.
Non solo. Basta rivedere i rapporti storici debito/Pil. Nel 2016, in pieno imperialismo renziano, l’Italia raggiunge il 132 percento. L’anno seguente (2017) si scende di poco: 131.50. A firmare la cifra sono il premier Gentiloni ed il ministro Padoan.
Ora, la commissione ha sì bocciato la manovra del governo Salvimaio, ma l’inadempienza di criterio sul debito è da ascriversi principalmente all’anno precedente. Quindi al 2017. Quindi al governo “GentiCloni” (la “manina”, all’epoca, era di Renzi).
Quindi la situazione è questa: da un lato non si comprende perché, in precedenza, l’UE abbia approvato manovre e bilanci non dissimili (per presunto deficit) dalla manovra del Salvimaio; dall’altro il diktat è inamovibile ed insindacabile.
All’Italia non resta neanche il beneficio del dubbio, del dubbio di provare un nuovo modo di intervenire sullo status economico del proprio popolo.
Questa non è economia. E’ monocrazia monetaria. Parola di deficit.