Speculazioni, strumentazioni, dietrologie. Gli elettori è probabile che ne abbiano sentite, lette, fin troppe.
Fin dall’inizio della campagna elettorale, metà gennaio 2018, sapevamo con quale legge elettorale saremmo tornati alle urne: il Rosatellum.
Dopo tanta astinenza, fra passaggi di testimone fra un #enricostaisereno ed un Gentiloni ombra, gli italiani hanno dato vita involontariamente (sino ad un certo punto) a quella che potrebbe essere definita quale “terza repubblica”.
Eppure il malus del Rosatellum non ha tardato a comparire, mostrandosi in tutta la sua mostruosità. In estrema sintesi: a vincere è il M5S, ma non può governare; Salvini viene incoronato leader del centrodestra con il solo 18% dei voti; nessuno ha la maggioranza assoluta in considerazione del fatto che il M5S viaggia da solo ed il centrodestra deve mettere d’accordo le diverse anime della propria coalizione.
Inutile girarci attorno. Il “come funzionerebbe” il governo se i partiti tentassero un minimo di approccio e compromesso lo abbiamo visto la scorsa settimana con l’elezione dei presidenti di Camera e Senato. Da un lato vi sono i pentastellati: fermi, granitici, inamovibli sulle decisioni prese (vedi indicazioni unanime su Fico e posizioni ferree contro Romani), dall’altra vi sono tutti gli altri. E con “gli altri” si intendono Lega e Forza Italia. Il PD ha poca voce in capitolo (giustamente) assieme a Fratelli d’Italia (ma sino a un certo punto).
La realpolitik non ha tardato a palesarsi: Forza Italia (sconfitta pari al PD) parla per bocca di B. (incandidabile ed ineleggibile) forzando la mano su Romani (condannato), bloccando la Bernini (incensurata) e accettare infine la Casellati (incensurata anch’ella, ma berlusconiana della prima ora e ferma sostenitrice di “Ruby nipote di Mubarak“).
Salvini resta a guardare? No, ovviamente. Avalla il nome forzista, solo per pretendere di avere mani libere dopo; analogamente al M5S che accetta la Casellati per farsi eleggere Roberto Fico.
Tutto ciò è accaduto solo per le nomine normali, dovute, largamente previste, per le presidenze delle Camere. Figuriamoci cosa accadebbre con una proposta di un ddl.
Questo perché:
– M5S e Lega sono agli antipodi più estremi per fare qualsiasi tipo di proposta condivisa (senza contare che le loro rispettive basi li bastonerebbero all’istante per qualsiasi tipo di alleanza);
– al M5S non conviene stare con il PD giacché è ancora in quota Renzi. Dialogare con Martina, Orfini, Richetti equivarrebbe al suicidio politico;
– il M5S non potrebbe mai allearsi con il nemico numero uno della loro struttura e della loro base di apparteneza, ossia il Caimano. E’ pur sempre di B. che stiamo parlando. Serve dire altro?
Per questo motivo, l’unica alternativa resta il ritorno alle urne il più presto possibile. Prima che il PD si riprenda e prima che B. venga completamente riabilitato alla politica dal sistema mediatico italiano.
Con la nuova geografia ridisegnata, si chiederà agli italiani di votare un potenziale ballottaggio: volete la Lega (il partito più vecchio della nuova Repubblica) o il nuovo proposto dal M5S?
Certo, si sa che comunque Barabba è sempre dietro l’angolo. Non solo a Pasqua.