PERCHÈ “LA GRANDE BELLEZZA” HA CONQUISTATO IL MONDO

Carlo Verdone - Toni Servillo

Carlo Verdone – Toni Servillo

“Me ne vado Jep, Roma mi ha molto deluso.” A non deludere il suo pubblico è stata invece proprio lei, la Roma vista e raccontata da Sorrentino per bocca ed occhi di Toni Servillo alias Jep Gambardella. Il riconoscimento quale miglior film straniero, agli Oscar 2014, non è arrivato come un fulmine a ciel sereno, ma è stato annuciato gradualmente dal pubblico entusiasta e da una critica non sempre concorde. Gli European Film Awards, i Bafta Awards ed il Golden Globe non hanno fatto altro che confermare quanto l’ultima fatica di Sorrentino, sicuramente la più grande, stesse confermando le aspettative.Impossibile, poi, non citare i Nastri d’argento che hanno premiato, oltre alla fotografia magistrale di Luca Bigazzi, anche il non protagonista puro ed ingenuo di Carlo Verdone, Romano, fondamentale per la narrazione dell’altra faccia della Roma servilliana.
“Le vedi queste persone? Questa fauna? Questa è la mia vita. E non è niente.”

Toni Servillo "Jep Gambardella"

Toni Servillo “Jep Gambardella”

Ma perché “La grande bellezza” ha conquistato cuori e menti dell’occidente cinematografico? In prima istanza, la risposta è da ricercare nella sua cornice principale: una fotografia che immortala una Roma “metafisica” (come ha amato definirla Carlo Verdone) silente ed elegante che osserva i bislacchi personaggi che invadono le terrazze con feste mondanamente pacchiane; una colonna sonora di prim’ordine che arricchisce ancora di più la preziosità dell’opera di Servillo che, tra lirica e classica, inserisce anche un Venditti malinconico e più contemporaneo. Solitudine, cinismo e sentimento. Sono queste le costanti, entrando più nel dettaglio, che danno spirito e sostanza a “La grande bellezza”.
“Sull’orlo della disperazione, non ci resta che farci compagnia, prenderci un po’ in giro!”

Toni Servillo - Luciano Virgilio

Toni Servillo – Luciano Virgilio

I personaggi di cui si contornia Jep Gambardella sono maschere di apatia disperata, vite fatte di ricchezza materiale e vacuità interiore. Jep ne comprende la gravità, ma non può fare a meno di prender parte a quel mondo che, sì corrotto ed effimero, ma forse è l’unico che conosce. Per questo si affianca di personaggi come Romano (Verdone) e Ramona (Ferilli), sicuramente i più “buoni”, sinceri e per questo differenti dagli altri. Così diversi che lo lasceranno nuovamente solo e Jep continuerà a vagare alla ricerca della sua grande bellezza. Forse tutto ciò è avvertito dal nostro Occidente, questo sentore di solitudine che impedisce all’uomo di farsi uno accanto agli altri nonostante la bellezza apparente ed esteriore.
“È tutto sedimentato sotto il chiacchiericcio e il rumore. Il silenzio e il sentimento. L’emozione e la paura. Gli sparuti incostanti sprazzi di bellezza.”
Forse Servillo, involontariamente, non è soltanto riuscito a raccontare fantasiosamente uno spicchio di realtà italiana ma uno scorcio più grande dell’odierno Occidente. Forse l’uomo contemporaneo ha davvero bisogno di ritornare alle sue orgini per riscoprire se stesso ed il mondo, riscoprire le radici cui appartiene ed abbandonare la zavorra dell’inutile materialità. L’italiano, in particolare, dovrebbe ringraziare Paolo Sorrentino per aver ridato lustro al cinema italiano dinanzi al mondo dopo Fellini. Film come “La grande bellezza” sono perle rare e, proprio per questo motivo, si dovrebbe custodirlo gelosamente poiché non ne vedremo di così belli per molti, molti anni.

 

Marco Marangio

giornalista pubblicista, dottore in Lettere Moderne, amministratore del blog Prima Pagina, autore di "Percorsi" (Albatros Il Filo, 2010) e di "Matteo Renzi - La parola sono io (Effigi editore, 2018)

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