Si scrive Giulia Sarti, si legge “revenge porn“.
La si può pensare come si vuole, sia sul Movimento 5 Stelle, sul Governo Salvimaio, che sulla persona Sarti.
Una cosa è però innegabile: che ciò che sta subendo in queste ore è mero sciacallaggio mediatico. Del più becero, per giunta.
Già perché, tutti i media, commentatori della prima e dell’ultima ora, faticano a scindere il caso fra vita privata e politica.
Se ne dovrebbe parlare solo in caso di palese conflitto di interessi con la qualità di ex presidente della commissione giustizia.
Quanto abbiamo fin qui assistito e, purtroppo, assisteremo ancora, si chiama: revenge porn.
Nulla di più, visto che anche il caso “rimborsopoli” scoperto dalle Iene, mal si coniuga con la storia dei filmini girati in casa dal sistema di video sorveglianza.
Ognuno, in casa, propria è libero di fare, esprimere, vivere il sesso come meglio crede. A patto che ciò non violi alcuna legge. Ma non è questo il caso.
L’Italia, oltre ad essere un Paese anomalo, è anche perbenista (a Governi alterni) e privo di memoria (sia a lungo che a breve termine).
Infatti, non ricordo una richiesta così pugnace, verace delle foto “eleganti” di Arcore. E lì, nel Ruby Gate c’era tutto: sfruttamento della prostituzione (anche minorile), abuso di potere e non solo.
Giulia Sarti, invece, dovrebbe rispondere semmai solo del caso “rimborsopoli”. Non dei filmini girati in casa propria.
Anche Lucio Dalla sognava un’Italia priva di pregiudizi sessuali: “e si farà l’amore, ognuno come gli va“.
Quell’anno che verrà è ancora lontano. Oppure non verrà mai.