Ormai è cosa nota: la notizia è che “qualcuno” vota ancora PD. Fatto non sottovalutare, dopo le macerie lasciate da Matteo Renzi.
Benché i risultati delle primarie PD non siano al netto dell’ufficialità, si afferma che i votanti abbiano superato il milione e mezzo. Si dice anche che si sia superata la soglia delle ultime primarie 2017. Anche questo è tutto da vedere, considerando che l’ultima volta Matteo Renzi è stato votato per il 69.17 percento su un totale di 1.817.412 votanti. Ergo: Zingaretti è riuscito a superare l’era Renzi?
Ni. Anche qui il condizionale è d’obbligo visto che pare, dico pare, che il fratello del commissario Montalbano abbia sfiorato il 70 percento. In attesa di dati ufficiali, ci chiediamo? Il PD, con primarie annesse, ha davvero vinto se stesso?
Come spiego nel mio ultimo libro “Matteo Renzi: la parola sono io” (Effigi editore), occorre confrontare i dati con le primarie precedenti. Partiamo dal 2007
- in ottobre 2007 votarono in 3.554.169 (scegliendo Walter Veltroni come segretario);
- in ottobre 2009 votarono 3.102.709 iscritti con Bersani
segretario; - nel famoso dicembre 2013 in cui Matteo Renzi conquistò
per la prima volta la segreteria votarono in 2.814.881
Calcolando lo scarto fra 2007 e 2017, il PD ha perso la bellezza di 1.736.757 elettori. Che Zingaretti riesca davvero a risollevare le macerie renziane è cosa dubbia, nonostante i potenziali migliaio e passa di elettori. Al massimo, si può dire che il PD è a galla e continua a respirare. Ora a Zingaretti spetta il compito più arduo: capire quanti e quali membri del PD si può fidare per avviare un reale derenzianizzazione del PD. Ed iniziare a dialogare con l’altra parte della sinistra che aspetta il PD dal 5 marzo 2018: il Movimento 5 Stelle.