“Con me si va nella città ridente, con me si va nell’eterno splendore”.
Queste ultime battute sul ballottaggio romano ricordano il finale di “Gallo cedrone”, quando Carlo Verdone nelle vesti di protagonista, in ultimo convertito alla politica, prometteva ai romani il prosciugamento del Tevere al cui posto avrebbe realizzato una super strada a più corsie come “Losssànggellesss“. L’assonanza si spreca ancor di più se si vede la foto pubblicato dal buon Bobo Giachetti ieri, al suo ultimo comizio. Braccia spalancante dinanzi ad un pubblico sparuto. Un abbraccio idealmente verdoniano lanciato dopo il famoso “Se score! Signori, se score a Roma!” del famoso Gallo Cedrone.
Usando un po’ di immaginifica realtà, queste elezioni riprendono dopo il finale del film: dopo che i palazzinari romani hanno disfatto a piacimento terra ed asfalto, dopo che hanno diviso le aree urbane per interessi personali e politici, dopo l’implosione del sistema di Mafia capitale.
“Guardo a destra: vedo verde. Guardo a sinistra: arivedo verde”
Nè destra, nè sinistra in questa tornata elettorale. Due motivi. Innanzitutto il primo partito è il M5S e, notoriamente, appartiene al sistema post democratico degli ultimi anni. In secondo luogo, il buon Giachetti nella corsa amministrativa ha furbescamente (come gli altri ormai ex candidati) evitato di inserire il logo del proprio partito di appartenenza. Il PD non solo non è gradito dalla maggioranza romana (almeno quella che si è recata alle urne), ma non è gradito al PD stesso. Contraddizione in termini questa, dettata dalla poco vivida energia con la quale il patròn Renzi ha “sostenuto” il proprio candidato. Talmente euforico, che il Giglio fiorentino ha preferito discutere di referendum costituzionale durante la campagna elettorale per la Caput Mundi. L’onestà e il buon viso di Giachetti non sono tutto evidentemente. Ed i cittadini l’hanno capito fin troppo bene.
Dall’altra parte della barricata, la forza politica più dirompente, nel bene e nel male. Il Movimento cinque Stelle è maturo (ma non troppo, vedi i casi Pizzarotti e Nogarin) ed ha perso la propria verginità ideologica (caso Capuozzo). Quindi è pronto a Governare, anche se “impreparati”? E’ tutto da vedere. Certo, che se gli esperti hanno realizzato quel disastro che è Roma adesso è difficile riuscire a danneggiare il tessuto politico, economico e sociale.
Anche solo visitare Roma per una manciata di giorni rende bene l’idea dello stato comatoso in cui vera: impalcature ovunque, traffico sempre più invasivo (e non c’è Alberto Sordi a dirigerlo), lavori della Metro C congestionati a data da destinarsi. Ciò che rimane è la ricchezza storica, la “grande bellezza” sorrentiniana. Nulla di più. Proprio per questo non resta altro che gettarsi nel vuoto e sperare, benché sarà difficilissimo iniziare a sgrassare ingranaggi fermi da tempo e farli funzionare come dovrebbero.
“Seguitemi in questa mia straordenaria intuizione“.
Quel che si spera è che non solo i romani scelgano una volta per tutte il cambiamento (già l’hanno fatto noti artisti di sinistra come Claudio Santamaria, Sabrina Ferilli e Fiorella Mannoia), ma che gli eletti non deludano le fin troppe aspettative, dettate da un turpe recente passato e da un drammatico presente.
La vittoria dovrà essere dei cittadini, non di cricche o lobbie affaristiche. Il resto si vedrà: città ridente ed eterno splendore?