Qualche giorno fa il primo esponente della formazione «Liberi e uguali», Pietro Grasso, era ospite della trasmissione «Otto e mezzo» alla presenza di Lilli Gruber e del direttore de «L’Espresso» Marco Damilano. Alla domanda, ovvia, prevedibile, dovuta, «chi è il vostro candidato premier» Grasso ha risposto che è facoltà del presidente della Repubblica scegliere il capo del Governo. Ce lo dice la Costituzione, è vero. Ma è altrettanto vero che sin dai tempi della prima Repubblica tutte le coalizioni, formazioni, partiti politici che corrono alle governative hanno sempre indicato (come minimo) almeno il loro candidato alla presidenza del Consiglio. Eppure siamo nell’Italia del 2018, Paese in cui non solo la sovranità popolare è stata calpestata, ma oltretutto i partiti (anche quelli «liberi») continuano ad avere poca stima e rispetto degli elettori, bypassando quelle che sono le ovvie norme che regolamentano il gioco delle elezioni. Se «Liberi e uguali» rappresenta la sinistra vera, se rappresenta l’alternativa a Renzi, se rappresenta un partito “nuovo” (salvo elementi quali Grasso stesso, Bersani, D’Alema) allora ciò che fa lo esegue nel modo più sbagliato possibile.
#CampagnaElettorale, #bollettino del #9febbraio: #LeU è ancora senza un candidato premier. Tant’è. #PietroGrasso #LiberieUguali #sapevatelo pic.twitter.com/pZVGwiPvzF
— Marco Marangio (@MMPrimaPagina) 9 febbraio 2018