Genere: Fantascienza
Attori: Charlie Humman, Idris Elba, Rinko Kikuchi, Charlie Day, Ron Perlman
Regista: Guillermo Del Toro
Musiche: Ramin Djawadi
Anno : 2013
Durata: 131 min
Voto: **1/2
La terra è nei guai. Dalle profondità dell’oceano pacifico, attraverso un varco spazio-dimensionale, fuoriescono gigantesche creature aliene, i Kaiju. L’uomo, per contrastare l’attacco dei mostri ed evitare l’apocalisse, decide di costruire sofisticati robot, gli Jaeger. Tali robot sono guidati da due piloti collegati da un ponte neuronale. Guillermo De Toro, regista del “Labirinto del fauno” e di “Hellboy”, torna sulla sedia di regia con “Pacific Rim”, portando al cinema le anime giapponesi da lui tanto amate (Mazinga, Goldrake, Evangelion e Gundam), rispolverando così i suoi miti d’infanzia. Del Toro decise di abbandonare il progetto “Lo Hobbit”, limitandosi solo a produrlo, per dedicarsi totalmente ai suoi robottoni per tre lunghi anni di lavoro e lanciare così la sfida a Michael Bay (regista dei “Transformers”). Il confronto tra Pacific Rim e i Transformers, tuttavia, non sta assolutamente in piedi, ci vuol ben poco a battere il colossale pasticcione di Bay. L’estetica esagerata, gli eccessivi effetti speciali, il montaggio frenetico delle immagini non hanno nulla a che vedere con Pacific Rim. Gli Jaeger risultano dunque, senza dubbio, più oleati e ingranano meglio dei Transformers a livello cinematografico. Con il progredire della sua carriera, Del Toro, sembra non rinunciare all’ascolto degli echi del Labirinto del fauno, il suo grande film. Si respira anche in Pacific Rim, come in “Hellboy: The Golden Army”, l’atmosfera del suo lavoro precedente e di certo ciò è positivo. Purtroppo gli elementi del Labirinto del fauno che tanto hanno giovato la sceneggiatura di Hellboy II, portandolo nell’olimpo dei cinefumetti, non sono sviluppati sufficientemente in questa nuova pellicola. I piani temporali di sogno e realtà, come nel Labirinto del Fauno, sono presenti anche in Pacific Rim; esemplari le scene del collegamento neuronale, i piloti condividono pensieri ed esperienze vissute e lo spettatore è testimone di questa miscela di ricordi, si entra nei meandri dell’inconscio umano. Un film volutamente lontano anni luce dai Transformers, ambientato in un universo tutto Del Toriano; ricco di vivaci contrasti di colore e di uno stile ormai personalizzato, cupo e gotico. Merito va dato al regista che ha voltato le spalle a quello spirito patriottico stelle e strisce americano che da sempre caratterizza i grandi kolossal (“maestro del genere” Bay); il film non a caso è ambientato principalmente in Cina. Gli attori sono quasi sconosciuti, per chi conosce il regista non è la prima volta che opta questa scelta. Essa è stata meditata a tavolino, rinuncia ad avere il belloccio o la modella di turno per dare così ampio spazio alla sceneggiatura (scritta da Travis Beacham e da Del Toro stesso) e ai messaggi da trasmettere. Da limare il grottesco in alcune scene, che risulta a volte forzato. Incredibili effetti speciali anche se a volte sovrabbondanti; molto realistiche le costruzioni grafiche dei mostri e ingegnose quelle dei robot. Le tute dei piloti, chiaramente ispirate a quelle di Gundam, sono una gioia per gli occhi. Accattivante la colonna sonora heavy metal con degli energici accordi di chitarra. Film massacrato da tutti, flop dichiarato; sicuramente Del Toro ha saputo far di meglio ma bisogna anche dire che di questo genere si è fatto anche di peggio. Il film non merita la bocciatura, ma una messa a punto. Si spera in una crescita (così come è stato per Hellboy), se mai ci sarà, del capitolo secondo. Limpido il messaggio di fratellanza, i robot necessitano almeno di due piloti per essere guidati. Del Toro lo ammette anche in un’intervista, il singolo individuo non salverà il mondo, non esistono i supereroi ma esiste l’umanità, la collettività, la condivisione di forze e speranze porterà il mondo a vivere giorni migliori. Il suo motto non è “Io sono” ma “Noi siamo”.