SANTORO VS TRAVAGLIO: “EDITTO BÙRLANDO”

michele santoro marco travaglio servizio pubblicoTravaglio lascia, Santoro non raddoppia. La puntata di Servizio Pubblico, “Tutta colpa di Grillo?“, entrerà probabilmente negli annales non solo delle stagioni di AnnoZero e Servizio Pubblico, ma anche in quelle dei talkshow. Quanto è accaduto ieri, giovedì 16 ottobre, potrebbe potenzialmente cambiare le sorti dei dibattiti televisivi italiani. Siamo sinceri: l’80% dei telespettatori ha sempre atteso e visto i format di Michele Santoro principalmente per un unico personaggio: Marco Travaglio. Il suo modo di fare giornalismo, irriverente coinvolgente, chiaro e basato sui fatti ha da sempre catturato i più liberi pensatori italiani, medi ed alti, comuni e noti. Chi ha seguito da sempre, non solo Travaglio ma anche Michele Santoro (sopratutto nel passaggio da AnnoZero a Servizio Pubblico, e di quest’ultimo a La7), non ha trovato l’uscita di Travaglio dallo studio come un fulmine a ciel sereno. Da tempo i rapporti tra i due si erano allentati: da un lato un Santoro non più libero come le prime puntate si Servizio Pubblico (viste le prerogative dettate da Cairo), dall’altro un Travaglio sempre più critico su queste scelte. In primis sul format: era cosa nota il non gradimento del vice direttore del Fatto sulla conduzione di AnnoUno, in ultimo anche il cambio di registro del suo intervento: non più a metà trasmissione, ma verso la fine; non più un monologo, ma un contraddittorio. Santoro, dal canto suo, aveva iniziato a “zittire” il vice direttore più del dovuto: lo aveva fatto dinanzi a Flavio Briatore in presenza anche di Costamagna; lo aveva fatto più volte su Grillo (giacché Santoro ha sempre visto non di buon occhio l’avvicinamento di Travaglio al M5S); infine, colpo di coda, lo ha spostato a fine trasmissione (sicuramente per una posizione strategica per guadagnare con costanza lo share, visto che quasi tutti i telespettatori di Servizio Pubblico avrebbero atteso anche ore pur di vedere l’intervento di Marco Travaglio). Quindi lo scontro tra Michele e Marco è stato più volte rimandato, ma era inevitabile. Ed è forse un segno che il distacco sia avvenuto in una puntata “anti Grillo“. Sebbene la critica iniziale fatta da Santoro al comico genovese in copertina era più che legittima, poco legittimo è stato impostare il disastro di Genova avendo come solo sfondo la figura del leader pentastellato e solo in ultima istanza quella di Burlando. Anche Marco Travaglio ha più volte pizzicato Beppe Grillo sul suo modus operandi, in ultimo ma non per importanza la critica rivolta al M5S dal vice direttore è stata sulla conduzione dell’evento al Circo Massimo, ma ha sempre riconosciuto nello stesso il merito. Eloquente è stato l’esordio del suo editoriale: “È sempre colpa di Grillo“. Giustissimo. Inevitabile è stato poi il declino, delineato non tanto dalle discutibili dichiarazioni di Burlando e del giovanissimo “angelo del fango“, quanto dalla reazione eccessiva di Michele Santoro che ha esposto a Travaglio il “cartellino rosso” con una violenza mai vista prima. Al vice direttore del Fatto non è restato altro che alzarsi ed uscire di scena. Probabilmente entrambi aspettavano quel momento (per differenti ed ovvie ragioni), ma l’occasione è stata propizia. Per chi lo scopriremo nelle prossime puntate. Indipentemente da ciò che deciderà Marco Travaglio, se ripresentarsi o lasciare definitivamente Servizio Pubblico, il futuro del talkshow non sarà più lo stesso giacché il distacco tra i due potrebbe portare ad un netto cambiamento di rotta. Una cosa è certa: con Travaglio fuori, lo share del talk di Santoro perderà punti come ha già fatto nell’ultimo anno. Ma questo Michele Santoro lo sa fin troppo bene.

Marco Marangio

giornalista pubblicista, dottore in Lettere Moderne, amministratore del blog Prima Pagina, autore di "Percorsi" (Albatros Il Filo, 2010) e di "Matteo Renzi - La parola sono io (Effigi editore, 2018)

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