Silvio e Matteo: cinque motivi per cui essere “Renzusconi”

silvio berlusconi, matteo renzi, renzusconi, consip, banca etruria, rai, campo dall'orto, patto del nazareno, legge elettoraleNon passato direttamente dalle urne (salvo quelle delle primarie) ed avendo monopolizzato il Partito Democratico, Matteo Renzi è stato più volte accostato per analogie politiche al mai sconfitto mister B., al secolo Silvio Berlusconi.
Il prodotto converge nella riuscita creazione del neologismo “Renzusconi”. Questo anomalo animale politico può essere descritto in cinque brevi punti di convergenza con il Cavaliere di Arcore, che analizzo di seguito:

1) Rapporto fra Giustizia e stampa
Ne ho già parlato in un precedente post. E’ forse l’esempio più emblematico e diretto, nonché recente. Pare strano, ma Renzi è riuscito a rievocare frasi del calibro di “gogna mediatica” inaugurate da B. e che tutti gli italiani speravano di non risentire più per molto tempo. I casi Consip e banca Etruria, entrambi passati dai genitori dei maggiori esponenti del partito di Governo (Renzi e Boschi padre), sono stati entrambi battezzati (e perché nò anche cresimati) dai libri verità di autorevoli giornalisti. Che sia Marco Lillo (“Di padre in figlio”) o Ferruccio de Bortoli (Poteri forti, o quasi), Renzi attacca la stampa senza mezzi termini, proprio come il vecchio Cavaliere. Il famoso “accanimento mediatico” pare non invecchiare mai, come un classico brano di musica leggera.

2) RAI e gestione della TV di Stato
Non avrà mai chiamato in diretta TV per definire un talk show politico quale “postribolo televisivo” ma Renzi sa bene, come sapeva B., che la conquista della RAI era fondamentale per la propria immagine. Il recente caso di Campo Dall’Orto parla da solo. Quest’ultimo, infatti, è stato ritenuto da Renzi colpevole nel non aver dato abbastanza visibilità al comitato del SI per il referendum Costituzionale. Poi è bene non dimenticare le epurazioni gentili di Massimo Giannini e Bianca Berlinguer. Renzi, a proposito di Ballarò, ebbe a dire che tale trasmissione crtitiacva fin troppo la sua figura di premier. Questi episodi, oltre a confermare la quasi uguaglianza con Berlusconi, la dice lunga sul rapporto fra Renzi e la stampa non allineata.

3) Un uomo solo al comando
Dal #MatteoRisponde al personalismo della campagna referendaria. Qui le assonanze si sprecano: se da un lato B. ha preso in mano il proprio partito dando a se stesso pieno potere e centralità, Renzi ha fatto altrettanto. Ha fatto anche di più: ha scalato i vertici del Partito Democratico, sbaragliando la minoranza che l’ha da sempre ritenuto un elemento estraneo. Minoranza ora defezionata.
Per questo, e non solo, l’ex premier è sempre assomigliato a B. Chissà magari inconsapevolmente.
4) Né destra, né sinistra
Se B. ha destrutturato i principi della destra di Almirante (più incarnata in esponenti come Fini che d’ora in poi ci saluta da Montecarlo), Renzi non ha mai nascosto che il suo lato politico fosse più tendente al centro che a sinistra (salvo citare a random Berlinguer ed intitolare la sua nuova scuola dell’Harvard politica a Pier Paolo Pasolini, uccidendo una ennesima volta l’intellettuale italiano per eccellenza.

 

5) Pessima squadra di Governo
Se Berlusconi poteva vantare fra i propri assi di Governo Brunetta, Gelmini, Gasparri (ma la lista dovrebbe essere ben più lunga) Renzi non è stato da meno: Boschi, Poletti, Lorenzin ed il consigliere Orfini oggi impegnato in tornei PS4.
Personaggetti, direbbe un Crozza deluchizzato, il cui merito è stato quello di accostarsi a leader approssimativi ed autarchici.

Per tutto il resto, non ci resta che aspettare la prossima tornata elettorale. Che sia settembre od ottobre, che sia il proporzionale alla tedesca conta poco. Il patto del Nazareno è dietro l’angolo.

Marco Marangio

giornalista pubblicista, dottore in Lettere Moderne, amministratore del blog Prima Pagina, autore di "Percorsi" (Albatros Il Filo, 2010) e di "Matteo Renzi - La parola sono io (Effigi editore, 2018)

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