Culturale. Prima che politica e sociale, ogni problema dell’Italia è da ascriversi ad un triste paradigma di cui l’assenza totale di cultura ha inevitabilmente condotto all’episodio dello scontro di ieri, mercoledì 29 ottobre, tra i sindacati e le Forze dell’Ordine. Episodi tragici e vergognosi, come il caso Diaz, ben poco hanno insegnato all’Italia che atti nefasti ed umanamente inaccettabili non dovrebbero ripetersi. Che i numeri, le vittime ed i casi storicamente non combacino non preclude la strada ad alcune assonanti riflessioni. Forti tensioni, così cariche di rabbia, di frustrazione e di rassegnazione forse non si respiravano dai tempi di Scelba, in cui era Giuseppe Di Vittorio a guidare le linee politiche e sindacali della CGIL. Oggi l’Italia vede la contrapposizione di Alfano, di un eroico (è il caso di dirlo) Maurizio Landini e di un presidente del Consiglio quale Renzi che dalla Leopolda aveva chiosato che il Governo mai avrebbe trattato con i sindacati. Difatti, i sindacati, li si maltratta senza motivo, senza scusanti e senza ritegno. Mai un segretario sindacalista come Landini è stato così bistrattato da Forze dell’Ordine e dal Governo, dal quale gli operai sono stati abbandonati da decenni. Ci si chiede per quanto tempo ancora i precari, i cassaintegrati, i disoccupati dovranno respiarare un’aria non solo di totale abbandono istituzionale, ma anche di totale silenzio di cui presidente e ministri ne sono complici ed artifici. Osservando attentamente le scene di ieri, circa l’Ast di Terni, si assaporano similitudini di una guerra civile, la stessa che da tempo l’Italia abbisogna dopotutto. La stessa che è stata paventata un anno fa da Aldo Busi durante la trasmissione “Piazza Pulita”: “Lo Stato italiano dovrà servirsi di mercenari per fermare l’orda del popolo che si ribellerà“. Meditiamo.
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