I “FIGLI RIBELLI” DEGLI ANNI SETTANTA

“…the times they are a-changin…’

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Woodstock 1969, Bob Dylan, Beatles, Allen Ginsberg. Sono i gloriosi anni 70. Anni di cambiamenti politici, di trasformazioni ideologiche, di proteste e di rivendicazioni studentesche, di sit- in dei nuovi universitari. Le coscienze si smuovono e le anime si aprono al motto pacifico : <<peace and love >>. La loro immagine anticonformista, dettata dalla volontà di separarsi da un mondo gretto e bigotto a cui non volevano sottomettersi, rappresentava l’esempio del distacco. Una nuova società stava nascendo. Era la società del cambiamento fondata sulla fratellanza, l’amore e la scoperta. Spinti da questa fame d’esperienze di ogni genere, molti viaggiavano senza sosta, come i personaggi di “On the road” di Jack Kerouac, altri invece sceglievano la via dell’ascetismo preferendo vivere ,piuttosto, in villaggi-comunità dove l’unico obbligo era quello di godere della natura, di vivere con essa assaporandola in tutte le sue forme. Quei giovani erano spinti dal desiderio di cambiare la loro vita ,che aveva bisogno di stimoli nuovi , e quella del mondo ,che vedeva serpeggiare il “fantasma dell’innovazione”. Quei giovani non avevano nulla. Né il potere, né l’appoggio dei genitori, che preferivano bollarli come fanciulli in preda alla loro crisi post- adolescenziale che “prima o poi sarebbe passata” dicevano. Non avevano nulla ma possedevano l’arma migliore: il coraggio di cambiare. Lasciando da parte le inutili leggende metropolitane, i figli ribelli, così come sono passati agli occhi dei grandi, combattevano senza indugio facendo leva su tutto ciò che avevano per smantellare il sistema. I giovani degli anni 70 non erano come gli scapigliati della Milano bene che erano tutto fuorché veri scapigliati. I sessantottini erano giovani che non potevano permettersi di studiare perché le famiglie non avevano soldi, giovani schiacciati dal peso della società, erano giovani neri che, cibatisi dei discorsi del loro idolo Martin Luther King, lottavano per il sogno di vedere accettata “una società a colori”, ma anche giovani che non volevano essere come i loro padri capitalisti, che avevano innalzato “castelli della fortuna “con brogli di ogni sorta . Ed ecco che ,stimolati dall’invito del presidente americano Kennedy , gli studenti americani si distaccano dalle posizioni strettamente marxiste della Old left dando vita alla New left che si diffuse nei campus per iniziativa di un gruppo di ragazzi che presso l’università del Michigan diedero vita all’organizzazione “Students for a democratic society”, prefiggendosi come obbiettivo di realizzare una democrazia che partisse dal basso. Seguì l’università di Berkeley in California che, con la nascita del “Free speech movement” ad opera di Mario Savio, fu la sede del più coinvolgente sit-in universitario dell’epoca a cui partecipò anche la cantante Jean Baez animando le coscienze degli studenti sulle note di “We shall over come”. E allora perché permettiamo adesso di sottometterci ad un potere che sta bruciando le bandiere della libertà, della giustizia e dell’uguaglianza sociale ? Non abbiamo abbastanza forza di volontà? No, quella ne abbiamo da vendere. Non abbiamo abbastanza idee? No. Ciò che ci manca e’ l’impegno attivo e l’interesse. Molti si giustificano riciclando sempre la solita scusa, ormai un “toccasana per i sensi di colpa”, : <<no, non seguo la politica tanto sono tutti uguali >>. O peggio ancora: << non sono andato a votare perché uno vale l’altro>>. Probabilmente se toccasse ai cittadini votare per l’allenatore della nazionale l’affluenza alle urne sarebbe maggiore. Ma il nostro dovere non e’ questo . Permettere che altri scelgano per noi, gettando subito la spugna o sprecando un voto, sarebbe non soltanto uno schiaffo nei confronti di tutti coloro che sono morti per la possibilità di mettere una X sulla scheda elettorale ma anche un atto masochistico con cui ci autoannulleremmo “gratuitamente” senza aspettare che lo facciano GLI ALTRI.

di Mariangela Rosato

“Se per voi il tempo ha qualche valore
e allora è tempo di cominciare a nuotare
o affonderete come pietre
Perchè i tempi stanno cambiando “

If your time to you
Is worth savin’
Then you better start swimmin’
Or you’ll sink like a stone
For the times they are a-changin’

BOB DYLAN – THE TIMES THEY ARE A-CHANGIN’

Marco Marangio

giornalista pubblicista, dottore in Lettere Moderne, amministratore del blog Prima Pagina, autore di "Percorsi" (Albatros Il Filo, 2010) e di "Matteo Renzi - La parola sono io (Effigi editore, 2018)

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